Nov 262016
 

pic_controcorrenteViviamo in un mondo di statistiche: abbiamo elaborato metodi che ci permettono di conoscere “tendenze” sociali che ci consentono di capire cosa succede “là fuori” e inserire noi stessi in quella linea di tendenza o in quell’altra. Tendiamo quindi a identificarci o meno con quanto vediamo, sentiamo o anche solo percepiamo del mondo intorno a noi. Ed è in questo clima che conduciamo la nostra esistenza, chiedendoci cioè, di tanto in tanto, se siamo “in linea” o meno con quanto ci si aspetta da noi o ci si augura che siamo… Questo, anche senza che ce ne accorgiamo, condiziona la nostra vita: concretamente, dal modo in cui decidiamo di sposarci, con la cerimonia e la festa che decideremo di fare o non fare, al modo in cui sceglieremo una certa vita professionale, fino a quello che diremo o decideremo di non dire in una particolare circostanza e a ciò che ci verrà in mente di fare in un giorno di sole o in un di pioggia… Ora, se avere delle “linee guida” da un lato è di immenso conforto, specie in situazioni particolari di cambiamento o di complessità interpersonale o per noi nuove, d’altro canto credo che questo ci abbia tolto un po’ di naturalezza del vivere  e dell’esplicare noi stessi. Mi spiego meglio. Ho conosciuto due sposi che hanno fatto una semplice celebrazione in comune con ventiquattro invitati, quindi un rinfresco a casa loro, e infine una cena in un pub con i testimoni. Chiedendo di non avere alcun regalo. Come bomboniera, anche se loro non amavano chiamarla così, circa un mese prima avevano messo a coltivare dei semi di vari fiori, quindi hanno messo le giovanissime infiorescenze in vasetti, allegato una piccola pergamena con scritto un dolce pensiero, e donato questo segno ai loro cari. …Un matrimonio a cui ci si è potuti vestire come si voleva, non dovendosi preoccupare né del regalo né del comportamento spesso compassato da tenere al ristorante! C’erano solo serenità, gioia e complicità. Eppure, non è stata una scelta propriamente “sociale”. Direi, anzi, per niente. Porto un altro esempio. Una coppia che conosco da molto tempo ha stilato un testamento. Sono giovani e in salute, ma ci tenevano a che tutti conoscessero le loro ultime volontà; nel foglio, vergato dal loro pugno, era semplicemente scritto: “Non spendete niente più del necessario per noi, se moriremo. Cremate le nostre spoglie e, se potete, non spendete nulla nemmeno per le nostre urne: solo, pregate per noi, e non venite a cercarci dove non saremo, perché da quando noi non saremo più “corpi”, saremo parte del vostro cuore. Cercateci là dentro, e ci avrete accanto. Il nostro denaro, che lo usino i vivi, e non per i morti”. Solo due esempi, certo, ma se ci fermiamo a ragionare, fanno capire quel che volevo trasmettere: un po’ di sano noglobalismo! Niente di assurdamente New Age, solo un pensiero particolare sul ritrovare un po’ di naturalezza e di semplicità, anche se a volte ciò significa andare contro le convenzioni sociali. Questo, ve l’assicuro, è in grado di portare tanta serenità e perfino farci decidere di compiere passi e fare scelte che prima tentennavamo a fare. Andare controcorrente significa spesso anche andare a ritrovare l’essenza delle cose, di tutte le cose, che quasi sempre, sotto la superficie, sono più semplici di quanto possono apparire ad un primo sguardo. Senza paura di cosa penseranno gli altri che, anzi, potrebbero perfino prenderci di esempio e decidere di fare come noi: diversamente.

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