Nella vicenda di Zaccheo il Vangelo ci mette di fronte ad una delle dimensioni centrali dell’esperienza cristiana: cercare l’incontro con Gesù, accoglierlo nella propria casa, ascoltare la sua parola, tutto ciò può trasformare il cuore e la vita. È proprio nei suoi effetti, nella testimonianza concreta nel quotidiano, che si dimostra l’autenticità della fede. La volontà d’amore di un Dio che chiama all’esistenza e conserva in essa tutte le cose è la risposta che la prima lettura indica a chi si chiede perché Dio si riveli tanto paziente con i peccatori. La sua pazienza è frutto della misericordia, che permette ad ogni creatura di aprirsi alla speranza. Per lo stesso motivo la seconda lettura invita i cristiani a non lasciarsi confondere o turbare da coloro che creano inquietudini prospettando la imminente “venuta del Signore”: per Paolo ciò che conta è la «volontà di bene e l’opera della fede». Questo, infatti, glorifica il Signore e prepara al suo incontro.
Prima è detto che Zaccheo cercava di vedere Gesù, e poi Gesù lo guarda e infine dice che era lui che stava cercandolo. Due sguardi – due ricerche. Ecco il racconto del vangelo: Zaccheo vuole vedere Gesù, e con una maniera piuttosto insolita per un alto funzionario del fisco com’era lui, si arrampica su una pianta, certamente vincendo anche un po’ di vergogna…
Ma ecco che è Gesù lo chiama per nome, e si autoinvita a casa sua. E alla fine dice che lui era “venuto a cercare e salvare ciò che era perduto”. Ed è proprio così anche per noi: se si cerca il Signore con sincerità, nella riflessione e nella preghiera, non saremo noi a trovare lui, sarà lui che troverà noi. “Io ti cercavo, o Dio, – scrive sant’Agostino – e tu eri già con me!”.
Perché “Dio è amante della vita”. E’ questa una bellissima definizione di Dio, che abbiamo sentito nella prima lettura dove, con un ragionamento molto semplice, è espresso l’elogio della bontà di Dio.
Dio è il creatore, quindi le cose che esistono sono sue ed egli le ama. Di conseguenza egli usa bontà e amore misericordioso anche nei confronti del peccatore; lo ama perché è sua creatura.
E l’episodio del vangelo è una dimostrazione di questa bontà misericordiosa del Signore.
Che Zaccheo fosse un poco di buono non lo dice soltanto l’opinione pubblica, ma lui stesso: “Se ho defraudato qualcuno”, cioè: dal momento che ho imbrogliato e derubato, ecco che ora mi impegno a riparare ampiamente. Era un peccatore, eppure Gesù si fa suo ospite, e alla fine, vista la positiva reazione di Zaccheo, può dire: “oggi la salvezza è entrata in questa casa”.
L’insegnamento è chiaro: siamo noi che abbiamo bisogno del perdono, a noi Dio si rivolge per essere nostro ospite, tocca a noi l’impegno della conversione.
Gesù dice: oggi la salvezza è entrata in questa casa. Ma in quella casa era entrato lui, quindi è lui la salvezza. La salvezza cioè è la persona stessa di Gesù, da incontrare, da accogliere, da ascoltare. Nella Messa avviene questo incontro, perché qui si fa presente in mezzo a noi, viene a noi, ci parla. E’ qui soprattutto che incontriamo il Salvatore.
Nel racconto ci sono indicazioni di tempo: scendi subito, oggi vengo da te, oggi la salvezza ti ha raggiunto. Se Zaccheo avesse detto: oggi non sono pronto ad accoglierti, passa domani – forse Gesù lui non lo avrebbe più visto. Nelle cose dell’anima, il rinvio a domani può essere fatale, si rischia di perdere il momento decisivo.
Facciamo in modo da non perderlo questo momento decisivo – e preghiamo: Sì. o Signore, lo so che continui a cercarmi – ma insegna anche a me, “insegna al mio cuore, dove e come cercarti” (s. Anselmo).
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