Papa Francesco nell’ “Evangelii Gaudium” mette in evidenza il piacere spirituale di essere popolo di Dio. La fede è anche un’offerta di benessere e di armonia, un accrescimento del gusto di vivere.
C’è un piacere del credere (beati quelli che crederanno) e del credere insieme; c’è un piacere nel seguire Cristo, non solo rinuncia, sacrificio o mortificazione. Questa parola “piacere” suona inusuale nel linguaggio ecclesiastico; per secoli abbiamo sospettato del piacere, pensando che Dio non fosse amico della gioia, ma del sacrificio. sgombriamo l’idea che il Vangelo sia contro il piacere. il piacere è una porta per la felicità. un dono di Dio. tutti i piaceri sono benedetti, tranne una piccola fetta, che fa male e che preclude la strada per la felicità. e per capire di quali piaceri si tratta, il criterio discriminante è semplice: fa male quella fetta di piaceri che sono senza amore o che vanno contro l’amore (droga, alcolismo, sesso a pagamento, affermazione di sè).
E tu lo senti nel cuore quando in un comportamento manca l’amore. allora il piacere appassisce in fretta, perchè “dura ciò che vale e vale ciò che dura” (Michele Do). A quando una “teologia del piacere”?. Un verso provocatorio di David Turoldo dice: “il corpo cattedrale dell’amore / e i sensi divine tastiere”. I sensi, musica di Dio, quasi uno strumento musicale suonato da un pianista divino, mentre spesso avevo immaginato il diavolo seduto alla tastiera dei miei sensi.
In questi giorni mi sta affascinando un passaggio della Lettera agli Ebrei: “La sua casa siamo noi, se conserviamo la libertà e la speranza” (Eb 3,6). nella mia vita vorrei solo riuscire a trasmettere qualcuno un pò di libertà e di speranza (EG 271). E’ quello che faceva Gesù: chi più libero di lui? chi accendeva speranze più grandi? ci hanno detto altre cose: sei casa di Dio se conservi l’innocenza, o gli insegnamenti della dottrina, o la morale. tutte cose ottime. ma la Lettera agli Ebrei sceglie altre pietre d’angolo per la casa di Dio, pietre belle: libertà e speranza. c’è qualcosa di più importante che essere casa, tempio, santuario, grembo di Dio nel mondo? Aiutarlo a incarnarsi ancora in queste strade, in questi paesi, in queste piazze? Ebbene, Dio edifica la sua casa con uomini e donne che emanano libertà e speranza, li abita. perchè: il Vangelo non è una morale, ma una sconvolgente liberazione (Vannucci). E io, noi, le nostre parrocchie che cosa trasmettono alla città degli uomini? brillano di speranza e libertà? oppure di conformismo, del puntare il dito e del condannare?
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