Meditazione
La preghiera del Padrenostro nel Nuovo Testamento è riportata in due versioni diverse, una più breve (Lc 12, 2-4) e una più ampia (Mt 6, 9-13). Il Padrenostro in Matteo si trova all’interno del discorso della montagna tutta dedicata alla preghiera: Mt 6,5-15. Gli esegeti parlano a ragione di “catechesi sulla preghiera”. Infatti, ai vv. 5-8, Gesù esorta i discepoli a non pregare come gli ipocriti o i pagani; ai vv. 14-15 abbiamo un’esortazione sul perdono che si collega alle preghiere del perdono del Padrenostro; nel mezzo ci sta appunto il Padrenostro. Prima di riportare il Padrenostro, Matteo inserisce un’esortazione a non pregare come gli ipocriti i quali pregano per essere visti o i pagani i quali moltiplicano le parole perché affidano alla forza delle formule il potere di influire sulla divinità. In un diverso contesto Luca situa il Padrenostro, come risposta di Gesù ai discepoli che gli chiedono di insegnar loro a pregare, così come Giovanni l’aveva insegnato ai suoi discepoli. Al Padrenostro Luca fa seguire una istruzione di Gesù sulla necessità di pregare con insistenza.
Il testo di Matteo ha sette richieste ( santificazione del Nome, venuta del Regno, compimento della volontà divina, pane, remissione dei debiti, liberazione dalla prova, liberazione dal maligno) e vuole esprimere quindi simbolicamente una pienezza di significato, come i sette giorni della settimana, i 7 doni dello Spirito, il candelabro a 7 braccia per la preghiera nel tempio. Il numero evoca cioè la completezza della preghiera: essa abbraccia tutto. Ma anche le cinque richieste di Luca (manca, rispetto a Matteo, la richiesta del compimento della volontà divina e della liberazione dal Maligno) potrebbe essere attribuito un significato simbolico ( le 5 dita della mano i 5 libri della Torà). Anche questo simbolismo si riferisce alla completezza e alla perfezione della preghiera.
Gesù fa sua questa preghiera, nell’orto degli ulivi. Ambedue le preghiere, il Padrenostro e quella di Gesù nel Getsemani, iniziano con l’invocazione ‘Padre’. Matteo ha: “Padre nostro”, mentre Luca ha il semplice vocativo senza aggettivazione. A questo semplice vocativo corrisponde l’aramaico ‘abba’, che nella lingua familiare rappresentava il modo in cui il bambino si rivolgeva al padre, ma anche il modo rispettoso di chiamare i vecchi. Nelle preghiere giudaiche troviamo molte forme di invocazione di Dio come ‘Padre’, ma mai nella forma di ‘abba’. Questa forma inusuale invece sembra essere stata assunta da Gesù, per esprimere il suo particolare rapporto di confidenza con Dio. La troviamo appunto nella preghiera di Gesù nel Getsemani: “Abbà, Padre” (Mt 14, 36). Ma essa restava una possibilità della lingua. Gesù “non vuole distinguersi dal giudaismo. Egli invoca con ‘abbà’ Dio che per il giudaismo da sempre era anche un padre. Che Gesù abbia usato per invocare il Dio di Israele la lingua parlata familiare e con grande semplicità e immediatezza l’abbia chiamato come ‘papà’, mostra come fosse vicino e confidente di Dio, ma non secondo una concezione antigiudaica. Bisogna parlare di un rapporto specifico di Gesù con Dio, e solo di questo.
Questo modo di rivolgersi al Padre da parte di Gesù è stato fatto proprio dalla comunità cristiana primitiva, come è attestato da Paolo. Egli, infatti, ricorda ai cristiani di Roma che essi hanno ricevuto uno spirito da figli adottivi, “per mezzo del quale gridiamo: Abbà, Padre” (Rm 8,15). Anzi è proprio lo Spirito del Figlio – che Dio ha mandato nei nostri cuori e che ci fa gridare: Abbà, Padre – a provare che noi siamo figli di Dio (Gal 4,6).
Il Padrenostro non è quindi solo la nostra preghiera, ma esso contiene la preghiera personale di Gesù al Padre. E’ nel racconto della preghiera del Getsemani in Mc 14 che emerge con chiarezza questo legame profondo nella vita stessa di Gesù. In questo racconto troviamo parecchi elementi di Padrenostro, come preghiera stessa di Gesù: – l’invocazione: “Abbà, Padre”; la richiesta che sia fatta la volontà del Padre; – la richiesta di non entrare nella prova. In ogni caso pregare il Padrenostro significa entrare nello spazio della preghiera di Gesù nel Getsemani, rivivere il suo atteggiamento di Figlio rispetto alla morte e alla prova. Il Padre compie la sua volontà, ma non gli risparmi la prova. Con la sua disponibilità alla volontà del Padre, Gesù da parte sua non rinuncia a rivolgergli il proprio lamento, la propria paura. Il Padre lo ascolta, ma non è dato all’uomo Gesù di ‘sentire’ la risposta del Padre. Essere ascoltati da Dio, ma non sentire la sua risposta: qui, ancora questo appare come un aspetto centrale del mistero della preghiera cristiana.
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