Giu 042016
 

Per il vangelo di Luca la risurrezione del  figlio della vedova di Nain è un segno della presenza messianica di Gesù: Tuo  figlio vive!, dice Gesù alla vedova nella sua afflizione. E Luca annota il motivo del suo agire: «Il Signore ne ebbe compassione». Per questa ragione Luca articola narrativamente il racconto del “miracolo” in parallelo con il racconto della prima lettura, che riguarda Elia e il richiamo alla vita di un altro  figlio di donna vedova. In entrambi i casi è evidente il messaggio: Dio agisce nella storia per creare vita, e la vita in Dio è il presente e il futuro di ogni essere umano. Il vangelo, dunque, apre alla vita terrena un orizzonte di speranza oltre ogni limite. Tale passaggio dell’uomo in Dio coinvolge tutta la sua storia umana: nella prospettiva credente, essa non è in balìa di un caso anonimo, ma è posta sotto lo sguardo misericordioso di un Padre. Questo è anche il vangelo di Paolo, riproposto oggi dalla seconda lettura: egli annuncia ciò che ha “veduto” e vissuto in prima persona. L’esperienza dell’incontro con il Risorto è alla radice della sua vocazione e della sua missione.

donmarioalbertiniSembra un caso, che Gesù abbia incontrato quel corteo funebre nei pressi della città di Naim. Casi del genere sono certamente toccati anche a noi, qualche volta. Ma anche quello che noi chiamiamo ‘caso’ è sempre un’occasione che ci viene offerta: per una riflessione sulla realtà della morte, una preghiera per il defunto e per coloro che lo piangono, un pensiero ai nostri cari che già ci hanno lasciato.

Per Gesù quella volta fu l’occasione di manifestare la sua compassione e la sua potenza divina. Certo altre volte aveva incontrato dei funerali, ma stavolta dietro il feretro vede una madre, e vedendola, il Signore ne ebbe compassione e le disse ‘Non piangere!’, e le risuscita il figlio: lo diede alla madre. E’ forte, il verbo lo diede: Gesù è il Signore della vita, il vincitore della morte, ha il potere di dare alla madre il figlio già morto, ora vivo.

Non è descritta la reazione di quella donna: non si può descrivere la gioia di una madre che riottiene il figlio… E’ invece detto della gente che ha assistito al miracolo: Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio.

E qual è la nostra reazione oggi?

La compassione di Gesù verso quella madre è segno della compassione di Dio per noi: perché siamo peccatori, e il peccato è la morte che toglie la vita soprannaturale, e questo non lo lascia indifferente. La parola ‘compassione’ va intesa nel senso etimologico di ‘patire con’, ‘soffrire con’: Dio si piega sulla nostra anima, e vuole guarirla, risuscitarla.

Il fremito di commozione di Gesù di fronte a quella donna che piange la morte del suo unico figlio è segno della benevolenza, della tenerezza di Dio per noi, e quindi fonte di speranza. E mentre ridona la vita al ragazzo, Gesù dona gioia alla madre. E anche questo è un segno per noi: che dobbiamo scoprire nella gioia il senso della vita. La gioia di vivere, la gioia di amare, la gioia di sapersi amati.

La gioia per tutte le cose buone e belle che fanno parte della nostra esistenza; la gioia, la serenità, anche se si accompagna alla prova, alla fatica, al dolore. La gioia perché la vita trionferà sulla morte.

Il fondamento della nostra gioia è Gesù Cristo, il quale, come dice una preghiera liturgica, “morendo sulla croce ci ha liberati dalla morte eterna, e con la sua risurrezione ci ha donato la vita immortale”.

Tutti furono presi da timore, e glorificavano Dio. 

Anche nella prima lettura si narra di una risurrezione, ma mentre Elia la ottenne da Dio mediante la preghiera (il Signore ascoltò il grido di Elia), Gesù la compie con la sua onnipotenza: dico a te, àlzati! 

Fu per questa onnipotente autorità riconosciuta nell’intervento di Gesù, che le persone che avevano assistito al miracolo non solo sentirono di essere stati testimoni di un fatto eccezionale, ma soprattutto riconobbero che Gesù significava una presenza particolare di Dio: Dio ha visitato il suo popolo. Riconobbero cioè che l’onnipotenza di Dio era al servizio della sua bontà.

Anche noi abbiamo numerosi motivi per glorificare Dio, che affermiamo essere il sapiente creatore dell’universo, ma ancor più abbiamo motivi per riconoscere la sua misericordia, la sua bontà, il suo amore: Gesù, salvatore nostro, ci ha comunicato l’amore del Padre suo che vuol essere anche Padre nostro.

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