Il vangelo racconta di una folla che cerca Gesù e viene da lui nutrita in modo straordinario: il segno dei pani condivisi, moltiplicati e distribuiti diventa anticipazione profetica del dono che Gesù farà e continua a fare del suo “corpo”. Il racconto è sempre stato inteso come una immagine dell’eucaristia. Anche oggi, la preoccupazione per la fame (materiale e spirituale) che tormenta tanta parte dell’umanità può trovare nell’eucaristia cristiana la forza per un continuo impegno nel creare le condizioni per il regno di Dio. Anche la figura di Melchisedek, al centro della prima lettura, parla a noi di pace, condivisione e benedizione: apre dunque una prospettiva di mediazione in grado di comporre le diversità e i conflitti sempre presenti nella storia umana, un ruolo oggi a dato ad ogni discepolo di Cristo che voglia esercitare in maniera autentica il sacerdozio dei fedeli a cui abilita il battesimo. E questo proprio nella fedeltà al Cristo che, come attesta la seconda lettura, è l’autentico mediatore attraverso cui Dio continua a riconciliare a sé il mondo, mediazione di cui ogni eucaristia è memoria attualizzante.
Anche nei comportamenti di Gesù ci sono delle contraddizioni, o che così sembrano a noi. Un giorno Satana lo aveva sfidato: di’ che queste pietre diventino pane. Lui si rifiutò affermando che più necessaria del pane è la parola che viene da Dio. Oggi invece abbiamo sentito che per la gente, che proprio per ascoltare la parola di Dio si era dimenticata del cibo, Gesù moltiplica i pani. Una contraddizione, ma che esprime la sua attenzione anche per le esigenze materiali.
Tutta la vicenda di Gesù è caratterizzata da un intreccio tra umano e soprannaturale. Nel racconto di oggi, per es., Gesù si mette “a parlare alle folle del Regno di Dio”, ma quando gli apostoli gli suggeriscono di mandar via tutti, prima che per la fame qualcuno si senta male o forse scoppi qualche disordine, lui usa un’altra logica: dà loro da mangiare. E per compiere il miracolo accetta l’offerta di un ragazzo che aveva con sé cinque pani e due pesci.
Anche nella nostra Eucaristia c’è questo intreccio. E’ una realtà straordinaria, è comunione con il Signore; però avviene in un contesto umano molto semplice, che è la nostra assemblea. E come quel ragazzo ha messo a disposizione il poco che aveva, così noi presentiamo al Signore la nostra vita, i nostri affetti, il nostro lavoro, perché non solo il pane e il vino, ma tutto venga trasformato e acquisti valore soprannaturale.
Sì, un intreccio tra umano e divino, che ritroviamo soprattutto nel fatto che un pezzettino di pane diventa il Corpo del Signore, è Gesù vivo e vero, che si fa nostro cibo soprannaturale.
Nel leggere il racconto del miracolo ci siamo accorti che i gesti del Signore in questa occasione sono gli stessi di quando istituisce l’Eucaristia: prende il pane e, alzando gli occhi al cielo, lo benedice, lo spezza, lo dà. La seconda lettura racconta quando e come Gesù istituì l’Eucaristia.
Vorrei far notare nella formula della consacrazione usata nella Messa, due espressioni alle quali forse non facciamo caso. Anzitutto Gesù dice che il suo corpo è dato e il suo sangue è sparso “per voi”. Cioè per noi.
Dio ci ha creati per lui, ma lui si è fatto uomo per noi, ed è morto in croce per noi, e nell’Eucaristia egli si dona per noi, a noi. Dono che riassume la vita e la morte di Gesù, e tutto il misterioso disegno di salvezza voluto da Dio.
L’altra espressione è quella conclusiva. Il Signore dice: “Fate questo in memoria di me”. Fare memoria come? certamente rinnovando quello che lui fece durante l’ultima cena, ed è quanto facciamo in ogni Messa.
Ma fare memoria anche del fatto che lui si è donato. Se l’Eucaristia è, come è, segno del dono dell’amore divino per gli uomini, chi la riceve deve sentirsi coinvolto a diventare dono per gli altri, a saper condividere con chi è privo del pane quotidiano, e con chi è privo di affetto: persone che spesso ci sono vicine.
Facciamo memoria se cerchiamo di perpetuare il suo amore nella carità fraterna.
Questo, ed altro, ci propone la festa di oggi. In particolare, di fronte alla grandezza del dono dell’Eucaristia, sentiamo l’esigenza di dire grazie al Signore: la parola eucaristia significa esattamente “ringraziamento. Sempre, quando partecipiamo alla Messa, facciamolo con l’animo pieno di riconoscenza.
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