Apr 282016
 

donmarioalbertiniIl vangelo ci trasmette le parole di addio del Gesù terreno: sono parole che vogliono orientare il cuore dei discepoli verso una realtà più grande, parole che Gesù ha udito presso il Padre e che ha manifestato agli uomini perché, nel mondo, imparino a parlare, ad agire e a pensare secondo il linguaggio di Dio e ad essere in un rapporto di familiarità con lui. Di fronte ad un conflitto vissuto nella chiesa delle origini la prima lettura offre un criterio che può guidare i credenti di tutti i tempi: siamo invitati ad affrontare ogni eventuale conflitto lasciandoci guidare dallo Spirito. Nella immagine della nuova Gerusalemme la seconda lettura lascia intuire alla comunità terrena, peccatrice e in cammino, la visione di Dio che può trasformare il mondo.

La frase centrale di questo brano viene ripresa in tutte le Messe, subito dopo la preghiera del Padre nostro e prima del saluto fraterno di pace; Gesù promette: Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Con l’aggettivo possessivo “mia”, Gesù precisa che si tratta di una pace speciale, della sua pace; la pace che viene da lui è la capacità di gustare il dono della vita e di aprirsi al bene nella serenità, nonostante tutto. Il mondo non sa dare la pace; le armi sparano in diversi paesi, le ingiustizie schiacciano i più deboli, ci sono divisioni nella società e nelle famiglie… Ma noi cristiani possiamo e dobbiamo incontrarci con tutti gli uomini di buona volontà per dare un contributo fattivo portando la pace di Gesù, quella che sgorga dall’amore, dalla bontà, a partire dall’incontro con Dio.

In questo brano del vangelo abbiamo sentito Gesù fare tre promesse: di donarci la pace (come ho già detto), di essere sempre presente in noi e tra di noi, d’inviarci lo Spirito Santo. 
E’ logico dire: se è il Signore a promettere, siamo certi che mantiene la sua parola, e questo è fonte di speranza. E tuttavia possiamo avere il coraggio di verificare se ha mantenuto queste sue promesse, anche perché lui ha posto delle condizioni. La condizione per il dono della pace è che noi operiamo per la pace. Gesù lo aveva detto anche nelle beatitudini: beati i fautori di pace. Nel nostro piccolo mondo c’è sempre occasione di portare un po’ di pace,

Un’altra promessa di Gesù sta in queste parole: il Padre e io verremo, e prenderemo dimora presso chi osserverà la mia parola. E’ la promessa di una perenne presenza sua e del Padre con noi e in noi. Colui che il cielo e la terra non possono contenere promette di fare di noi la sua dimora. Promessa mantenuta? Anche qui Gesù pone una condizione: la promessa vale per chi mi ama, e osserva la mia parola. Se da parte nostra c’è la fedeltà alle parole di Gesù, si attua in noi la presenza divina, silenziosa ma vera, che costituisce la misteriosa realtà della vita cristiana.

La terza promessa: vi manderò lo Spirito Santo che vi insegnerà ogni cosa…. La Chiesa nel suo insieme viene tirata su dallo Spirito Santo. Nella prima lettura di oggi si racconta di come gli apostoli emanano alcune norme, e lo fanno affermando: Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi, di…. E’ la formula che verrà ripetuta nei concili ecumenici di questi venti secoli, nella consapevolezza che lo Spirito Santo, inviato da Gesù e dal Padre, guida la sua Chiesa.

Ma lo Spirito Santo è anche il nostro educatore lungo tutta la vita. Attraverso gli anni egli compie in noi un’opera formativa, e ci fa acquistare un po’ alla volta uno sguardo di fede e di speranza sempre più profonda. Ma anche qui c’è una condizione: la scuola di cui si serve lo Spirito Santo per insegnare le verità della fede è soprattutto la preghiera e la riflessione sulla parola di Dio.

Possiamo rivolgerci al Signore e dirgli: Tu hai promesso di essermi presente, di farmi crescere nella verità, di donarmi la tua pace, ma mi chiedi l’impegno dell’ascolto della tua parola, della preghiera, della bontà verso gli altri. Voglio essere fedele a questo impegno.

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