Carissimi:
il tempo liturgico pasquale continua a ricordarci che “solo la morte è rimasta morta nel sepolcro: da esso son balzate viventi la nostra speranza, la nostra gioia, la nostra Vita; da esso comincia il nostro vero futuro, quello definitivo, quello di Cristo Risorto” (da un inno del breviario).
In questi giorni sento forte la necessità di prendere sul serio quanto la liturgia suggerisce, per due motivi.
Il primo riguarda la situazione qui in Ciad. Il 10 aprile scorso si sono tenute le elezioni dirette per il presidente della repubblica, e molti speravano in un cambiamento. Pura illusione: dopo 25 anni, e per la quinta volta consecutiva, è sempre lo stesso che governerà il paese. Eletto?… I risultati, pubblicati dopo quasi due settimane di lavorio nascosto, parlano chiaro: eletto fin dal primo turno con più del 60% dei voti. Questo è senz’altro accolto con grande soddisfazione dai suoi sostenitori locali, ma soprattutto dai tanti ambienti internazionali per i quali va bene avere qualcuno che dica sempre di sì alle loro esigenze. Per i ciadiani di buon senso, però, è delusione immensa: molti, moltissimi sono coscienti che i metodi di corruzione ed imbroglio hanno funzionato ancora una volta, sia prima che durante e soprattutto dopo le elezioni. Si legge sui loro volti la tristezza per la prospettiva di altri cinque anni di democrazia, che senz’altro sarà sempre ben presente nei documenti ufficiali, ma assente dalla vita reale. Parafrasando (con il dovuto rispetto!) i suggerimenti dell’inno pasquale, si potrebbe dire che qui da noi anche la democrazia “è rimasta morta nel sepolcro”; ed è veramente difficile farla risorgere.
Il secondo motivo è più personale: molto probabilmente, queste righe sono le ultime che vi giungono dal Ciad. D’accordo con il vescovo di Vittorio Veneto, infatti, dopo 12 anni di Ciad, ritornerò stabilmente in diocesi a metà giugno p.v. Molti mi chiedono: – Come ti senti, concludendo la tua lunga tappa di Missione, che ti ha visto prima in Brasile e poi in Africa? – E’ chiaro che i sentimenti sono molti, e si accavallano giorno dopo giorno. Vorrei sottolinearne solo tre, chiedendo il vostro aiuto di preghiera per renderli più veri.
- Aiutatemi a ringraziare per questi 40 anni di sacerdozio-missionario, sempre guidato dalla Mano del Padre ed aiutato da tante mani fraterne. Un inno del nostro breviario invoca i Pastori come “uomini del largo”: ho tentato di esserlo anch’io; ringrazio profondamente il Padre che non ha mai permesso che mi accomodassi; e senz’altro la Sua Misericordia comprende e perdona stanchezze e chiusure.
- Per il futuro, non mi preoccupo eccessivamente; sempre tentando di trasformare in vita i suggerimenti di preghiera del breviario, vorrei solo realizzare qualcuna delle sue belle indicazioni: “Siate uomini del domani” – “Il nostro avvenire è dentro di noi” – e soprattutto, “Cristo ci invita a diventare Eucaristia”. E se questo non bastasse, Papa Francesco mi ricorda che “Io sono Missione su questa terra: per questo sto vivendo. Bisogna riconoscere sé stessi come marcati a fuoco dalla missione di illuminare, benedire, vivificare, sollevare, guarire, liberare” (La gioia del vangelo, 273). La mia Missione, quindi, continua: in ognuno dei “domani” che il Padre mi concederà; crescendo in interiorità; diventando io stesso, ogni giorno di più, l’Eucaristia che celebro… Veramente, sono tanti i motivi per lasciare in tutta serenità il passato e guardare avanti, con occhi e cuore sempre sacerdotali e missionari, disposto ad impegnarmi là dove la Voce del Padre mi chiamerà, visto che “con Dio, c’è sempre un poi”.
- Un dispiacere ce l’ho, ma spero sia presto superato: mi dispiace che la nostra diocesi diventi più piccola, dato che sono l’ultimo sacerdote “fidei donum” ancora in attività! Ma sono sicuro che l’aiuto-scambio con altre diocesi sarà ripreso, e sarà senz’altro mio impegno spingere e motivare qualcuno dei confratelli a farsi avanti, a diventare “nomade d’Amore”, a “buttarsi a braccia aperte, sicuro che lo Spirito le farà diventare ali”! (E. Ronchi)
Ecco, mi pare di avervi detto le due cose più importanti. Non mi resta che ringraziarvi della pazienza con cui avete puntualmente letto le mie righe, ma soprattutto della preghiera e di tanti altri aiuti con cui avete accompagnato il mio lavoro: veramente, siamo stati “missionari assieme”, e sono sicuro che continueremo ad esserlo.
Una precisazione: vi ho detto che sarò in Italia solo a giugno. E’ vero che qui in seminario l’anno scolastico è ormai agli sgoccioli, ed il 5 maggio prossimo i seminaristi se ne vanno in vacanza. Ma io mi fermo a Sarh, perché il sabato 11.6 saranno ordinati 5 sacerdoti diocesani: è la prima volta che questo succede, e si tratta di ragazzi che noi di Vittorio Veneto abbiamo accompagnato fin dai primi anni della loro formazione, al Foyer Séminaire. Per l’occasione, arriveranno da Vittorio Veneto il Vicario Generale, Mons. Martino Zagonel, e la direttrice del Centro Missionario, Maria Grazia Salmaso. Vengono anche per concludere ufficialmente la fraternità missionaria che da 25 anni unisce Vittorio Veneto e Sarh, o meglio, per studiarne possibili cammini di continuazione. Contiamo sulla vostra preghiera anche per questo. Dopo le ordinazioni sacerdotali, quindi, io viaggerò assieme a loro…, stavolta con il biglietto di sola andata!
A presto, dunque, ma… sempre uniti nell’Amore del Padre, e sempre sostenuti dall’intercessione di Maria: Elle ci guidi a vivere in pienezza l’Ascensione, la Pentecoste, la Trinità, l’Eucaristia; è un mese di maggio proprio pieno di occasioni-invito ad una spiritualità più vera, e Maria, la Prima Figlia di Dio, non mancherà di aiutarci.
A tutti, un caro saluto, un abbraccio fraterno.
Don Egidio Menon
Sarh (Ciad), 24 aprile 2016
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