Gen 182025
 

LA NASCITA DELLA

FAMIGLIA:

“FIGLIE DI DIO”

22 NOVEMBRE 1919

 Ritornato a Monte Berico, P. Gioachino è riconfermato nell’ufficio di priore della fraternità, e subito riprende un’intensa e fruttuosa attività di ministero pastorale presso il santuario vicentino. La devozione alla Vergine di Monte Berico aveva assunto imponenti manifestazioni corali durante le fasi cruciali della guerra, portando il santuario all’attenzione di tutto il Veneto e delle regioni vicine.

Così P. Rossetto si trova coinvolto nel fervore di attività tese al rilancio spirituale del santuario vicentino. Scrive, infatti, al P. Lépicier: “Il santuario assurge ora ad un’importanza molto maggiore, non solo per la conoscenza che tutti i soldati ne hanno potuto avere, ma molto di più per il fatto che esso fu il baluardo che fermò le invasioni nemiche e protesse tutto il fronte nostro a difesa della cara patria” (15.12.1918). In questa vivace opera per la diffusione della devozione della Madonna di Monte Berico, anche il suo parlare di Maria è segnato dalle vibrazioni interiori del suo cammino di fede nella devozione al Padre, tanto da configurare la Vergine come il volto materno di Dio, secondo quanto già esprimeva poco dopo il suo arrivo a Monte Berico come priore: “Per Gesù, mio Padre è Dio, mia Madre Maria! Gesù è l’incarnazione della bontà paterna di Dio. Maria rappresenta la bontà materna di quel Dio che ha voluto chiamarsi anche nostra Madre”. (dicembre 1915) Questo suo sentire, del resto, è bene espresso dall’immagine che si venera nel santuario: una “Madonna della misericordia”, in cui Maria è rappresentata nell’atto di proteggere sotto il suo manto i fedeli. Tale tipo di immagine, che esprime il ricorso fiducioso alla protezione della Vergine, è per P. Rossetto uno spontaneo strumento per parlare dell’amore paterno e materno di Dio che ha cura di tutti i suoi figli. A dare impulso significativo alla devozione mariana contribuisce in modo speciale la diffusione della devota pratica denominata “prima domenica del mese”. Infatti, in una delle sue apparizioni, Maria aveva promesso: “Tutti coloro che visiteranno con devozione questa chiesa nelle mie feste o in ogni prima domenica del mese avranno in dono l’abbondanza delle grazie e della misericordia di Dio, e la benedizione dalla mia stessa mano materna”. P. Gioachino riprende ed anima tale pia pratica, tanto che essa diviene un punto di convergenza della pietà mariana di tutto il Veneto. Ma egli non dimentica il progetto che già da tempo coltiva nel suo cuore, legato alle persone da lui conosciute ed accompagnate spiritualmente: inizia a raccoglierle nuovamente attorno a sé, infondendo loro il proposito di vivere l’impegno della verginità nel mondo, consacrate al Padre e ai fratelli. Emanuela Zampieri ricorda che, nell’incontro con lui il 29 gennaio 1919, P. Rossetto le parla “dell’idea che da tempo andava maturandosi nella sua anima, di formare una Famiglia di anime vergini, viventi nel mondo, per dare tanta gloria al Padre dei Cieli, tenendo ognuna il posto assegnatole dalla Provvidenza. Ricordo che mi disse: – Il tuo tetto è il cielo, il tuo nido è il mondo” (Memorie della Famiglia, 29.1.1919). Pur con tanti impegni di ministero esterno e di formazione spirituale all’interno della comunità dei frati, egli accetta l’invito di P. Lépicier, priore generale dell’Ordine, a guidare un corso di Esercizi Spirituali per i religiosi che tornano dal servizio militare e dalla guerra, i quali, naturalmente, hanno difficoltà di reinserirsi nella vita della comunità religiosa. Per questo, nel febbraio 1919 è a Firenze, dove comunica agli ex-soldati il suo afflato di crescita spirituale, sottolineando il forte richiamo a “vivere Gesù Cristo”. 20 Tornato a Monte Berico, riprende il suo intenso lavoro a servizio della comunità religiosa, del santuario e delle anime. Forse per dargli una pausa di respiro e di distensione, lo stesso priore generale lo invita ad accompagnarlo nella città di Innsbruck, a sud-ovest dell’Austria, dove si tiene il capitolo di quella “Provincia” dell’Ordine. Sono 20 giorni di breve intermezzo, ma di profonda riflessione e d’ispirazione interiore, che orientano P. Gioachino verso la decisa concretizzazione del progetto di una Famiglia di vergini consacrate viventi nel mondo. Ricordando quei giorni, molto più tardi egli scrive al P. Lépicier che, alla periferia di Innsbruck, “nella chiesa di S. Carlo sull’Inn, in Wolders, ho avuto un particolare, carissimo ed indimenticabile incoraggiamento per dare vita alla Famiglia che già allora portavo nel cuore” (gennaio 1930). Un po’ più tardi, ricorda ancora che, avendo invocato Gesù come “unico vero Amante dell’Anima mia, mio Amico, mio Sposo”, “nella chiesa di S. Carlo, Egli mi diede la gioia di provare che non Gli dispiaceva che Lo chiamassi “mio Sposo”; anzi, fu allora che Gli dissi che mi fecondasse, dandomi tanti Figliuoli e Figliuole da offrirGli” (1933). Verso la fine di ottobre 1919 il priore generale incarica P. Rossetto di predicare un altro corso di Esercizi Spirituali ai frati reduci dalla guerra. Le settimane anteriori alla sua partenza sono incentrate in una fervente preparazione della costituenda Famiglia delle Figlie di Dio, attraverso un intreccio di incontri e dialoghi con le anime da lui dirette, sia a Vicenza che a Venezia, dove si è recato più volte durante l’anno. Scrive ad Elsa Gasparini – conosciuta e accompagnata spiritualmente fin dall’iniziale ministero veneziano e, come abbiamo visto, re-incontrata provvidenzialmente a Follina – prospettando la necessità e i compiti delle future Figlie di Dio: “Le Figlie di Dio sono più che necessarie nei tempi presenti, nei quali Dio non è conosciuto, anzi è negato come Dio e come Padre. … Esse penetreranno dovunque a portare Cristo. Non lo porteranno sotto i veli sacramentali; lo porteranno nella loro modestia, nell’umiltà, nella carità, sotto i veli candidi della loro innocenza e purezza; lo porteranno in sé stesse, fatte simili a Lui che ha detto: – Io trarrò tutto a me… Da tanto tempo pensavo questo! Mi pare che sia giunta l’ora di realizzarlo, senza attendere più” (2.11.1919). Con queste germinali idee nell’animo, P. Gioachino parte per Firenze verso la metà di novembre del 1919 e si ritira a Monte Senario, per prepararsi, nel silenzio e nella riflessione, alla predicazione degli Esercizi.6 Sono proprio questi giorni sul Monte Senario che precisano la costituzione ed i caratteri del suo progetto, come egli stesso scriverà alcuni anni più tardi: “Le Figlie di Dio riconoscono la loro origine da una decisione presa durante una Santa Messa nella cappella delle apparizioni, nel sacro eremo di Monte Senario, il 22 novembre, festa di S. Cecilia, dell’anno 1919, benché il lavoro di preparazione risalga a molti anni prima” (novembre 1925). 6 “Monte Senario” è il primo convento dei Servi di Maria. Si trova sul monte omonimo, a circa 20 Km. a nord di Firenze, ad una altezza di 820 m/sm. Lassù, nel 1233, si ritirarono sette nobili fiorentini, per vivere in comunità ed offrire la loro testimonianza di preghiera e servizio ai fratelli, ad imitazione di Maria, “serva del Signore”, madre e discepola del “Servo sofferente”. Monte Senario è quindi la culla dell’Ordine, ed essi sono conosciuti come i “Sette Santi Fondatori”, anche se Maria stessa è considerata la vera Fondatrice dell’Ordine. 21 Due lettere, scritte alla fine di novembre sono la risonanza fedele dell’esperienza del Senario e primo orientamento per un effettivo inizio della nuova “Famiglia”.7 Scrive alla sua prima figlia spirituale, Irene Anzi: “Nella cappella dell’apparizione, lassù, per la prima volta ho celebrato proprio per la cosa nostra…, come la chiameremo? La nostra Famiglia… Vedo un’Associazione estesissima di ‘Figlie di Dio’, aperta a tutte le buone cristiane che vogliono vivere da vere cristiane, secondo le promesse fatte nel santo battesimo. … Vivranno in casa propria o nelle istituzioni di carità, sole o assieme ad altre” (26.11.1919). Ad un suo confratello scrive: “Lo scopo principale è la propria santificazione umile, nascosta, gioiosa, e la santificazione del mondo, con tutte le opere di zelo ed occasioni che le circostanze offrono, e più che tutto con una vita veramente cristiana, di cui ormai il mondo ha sempre più bisogno” (30.11.1919). L’Impegno del dono totale di vita delle prime Sorelle avviene a Vicenza, nella notte di Natale del 1919. Significativo resta il modo della consacrazione: ognuna la “celebra” nella sua casa, nello stesso momento, senza particolari cerimonie. Unico fatto esterno, un’immaginetta preparata da P. Gioachino come ricordo e programma di vita, con scritto sul retro: “In Gesù Cristo e per Gesù Cristo anche io sono figlia di Dio. Virtù: fede! Sospiro: Padre! Padre!” (25.12.1919). Non, quindi, un rito esterno di consacrazione, ma una profonda presa di coscienza d’un particolar modo di vivere il proprio dono di vita, in povertà, castità e obbedienza, nello spirito della figliolanza divina. Nella semplicità e nel silenzio, incomincia così un’avventura spirituale, che diventerà la gioia ed il tormento di tutto il cammino umano e religioso di P. Gioachino. Nei primi giorni del nuovo anno, P. Gioachino si reca a Venezia: anche là, il 6 gennaio 1920, nasce un altro nucleo della nuova Famiglia. Non emerge, in P. Rossetto, nessun interrogativo sulla possibilità o meno di una consacrazione nelle condizioni comuni di vita, nessuna preoccupazione di precisare regole o di progettare conventi: ciò che conta è vivere in Gesù per il Padre, e convento è il mondo intero; è una prospettiva che nasce non come frutto maturato a tavolino, ma come risposta ad una vocazione, ad una missione. Gli “inviti” di P. Gioachino sono ormai decisamente orientati alla conoscenza del Padre, all’amore filiale, alla missione di rivelarlo agli uomini: tutto in atteggiamento di adorazione e di ringraziamento, manifestati nella vita quotidiana. 7 L’idea di “Famiglia” è intuizione caratteristica di P. Rossetto, ed egli la conserva, la propone e l’approfondisce lungo tutta la sua vita. Più tardi, infatti, quando la “Famiglia” già vive, scriverà: “È assolutamente necessaria una Famiglia; ed io non so chiamarla diversamente: noi siamo figli di un Padre solo, siamo i figli e le figlie di Dio. Famiglia dice paternità, maternità, figliolanza; unica legge è l’amore, il vero Amore, lo Spirito del Figlio suo, nel quale gridiamo: Abbà! Papà!, che ci fa dire ed essere figli di Dio” (26.7.1929). “Tutto è vostro perché è del Papà, e tutto è sacro, tutto è divino. Siate “una sola”, una in tutte e tutte in una. E tutto questo nel più profondo silenzio: vivete sempre come si vive nelle famiglie, dove l’amore è vissuto, anche se non è detto” (Quaderno del silenzio, pag. 36). 22 Nei primi mesi del 1920, la sua attenzione è tutta pervasa da una vigile cura della Famiglia appena sorta. Non avendo, però, la possibilità di promuovere incontri e riunioni, cerca e rinsalda i legami attraverso lettere che infondano i necessari profili spirituali per sorreggere l’itinerario appena intrapreso. Scrive, il primo giorno dell’anno nuovo: “La nostra meta è la più alta santificazione nostra e la santificazione di quanti Dio ci fa avvicinare. Prima di tutto, curiamo la santificazione nostra. Ingaggiamo la lotta contro il maggior nemico di Dio in noi, il nostro amor proprio. … Poi guardiamo al bene del prossimo, prestandoci premurosamente a servire tutti, per amore di Gesù, che si è fatto nostro servo, e per amore di Dio, nostro Padre, che ci guarda sempre dall’alto dei cieli, e che dobbiamo sempre invocare: Padre! Padre!” (1.1.1920). La Famiglia cresce in un clima di tenero silenzio, con pochi e fortuiti incontri che, tuttavia, sono preziosi per tracciare la griglia di questo discepolato. Tra l’altro, vengono delineandosi alcuni tratti d’incipiente respiro missionario, tanto che P. Rossetto può scrivere: “Divorate dal desiderio del Padre dolcissimo, non potrete non cercarGli altre anime vergini che lo lodino e lo adorino in spirito e verità. Almeno voi aprite finalmente gli occhi: intendete Dio, intendetelo come vostro Padre tenerissimo. … Figlie di Dio! Nel mondo avete molte sorelle. Parlate loro del Papà, fate loro capire la bellezza di essere figlie di tal Padre. Fate conoscere la devozione tenera e forte al Padre, il cui regno si stabilirà nei loro cuori” (15.1.1920). Questa convinzione compenetra tutta la vita di P. Gioachino e lo porta ai primi frammenti di una teologia del Padre, eco d’una vita liturgica vissuta senza tante speculazioni. Ancora nei primi mesi del 1920, egli traccia un abbozzo di Costituzioni delle Figlie di Dio: iniziale tentativo di chiarire quello spirito che porta nel cuore, non nel rigore e precisione di una regola, ma attraverso spunti di riflessione, d’intuizione non ancora del tutto chiara. Sempre in quei primi mesi, egli riceve anche un incarico interno all’Ordine, per la formazione dei giovani novizi ‘conversi’, e quindi si trova oberato di impegni: con quei giovani, con la comunità dei frati, con l’attività del santuario di Monte Berico, con l’Ordine a livello di tutto il Veneto e, nello stesso tempo, con la Famiglia appena iniziata. Solo nel maggio 1920 può finalmente riunire insieme, per la prima volta, le Sorelle di Vicenza. È l’inizio di una serie di incontri, in cui egli trasfonde i nitidi profili spirituali della Famiglia. La sua vicinanza, però, si esprime anche attraverso una fitta corrispondenza epistolare, in cui precisa gli impegni spirituali che devono caratterizzare l’operato della Famiglia. Un tema ricorrente, d’ora in avanti, è il quarto voto, il “voto di amore”, che egli precisa così: “Con il voto di amore s’intende tutto, senza escludere più nulla. S’intende immolazione, abbandono, generosità, donazione, perfezione: tutta la santità fino all’estremo. Proprio tutto! ‘Al massimo amore’ è il nostro grido!” (5.5.1920). Non a caso, da qualche tempo, nella testata delle sue lettere, appare la sigla “A.M.A.”, cioè “Al Massimo Amore”, indice d’una gravitazione del cuore, come comunione di vita con lo Spirito d’Amore del Padre, che sfocia in un’esperienza di dono ai fratelli. Aveva scritto ad una delle sue figlie spirituali: “A.M.A. Figlia di Dio, godo molto del tuo bene. Canta con gli angeli, primi figli di Dio, e con i fratelli vergini. Godo del bene che fai in nome di Dio. Sii una goccia che dal basso non parte 23 sola. … Intendi in te lo Spirito Santo Amore. Non contristarlo mai: piuttosto morire che contristare anche leggermente l’Amore. Lascialo fare, e Lui farà” (16.12.1919). Alla fine del mese di maggio 1920 si tiene a Monte Berico il capitolo generale dei Servi di Maria. È una provvidenziale occasione che permette a P. Rossetto di presentare ai molti intervenuti l’Opera sua appena iniziata. Ottiene da tutti benevoli incoraggiamenti, potendo così proseguire, con fondato entusiasmo, nel solco intrapreso, approfondendo sempre di più lo ‘scopo’ della Famiglia. Nella festa del Sacro Cuore, prende lo spunto per parlare della missione di Gesù, dell’adozione a figli e quindi della missione delle Figlie di Dio. Scrive: “Oggi vi consacro tutte al Sacro Cuore, e nel Cuore di Gesù al Padre Celeste. … Se la nostra cara sorella Margherita Alacoque ha avuto la missione alta e delicata di diffondere nel mondo la devozione al Cuore di Gesù, voi avete la missione di far vedere in quel Cuore il Cuore del Padre Celeste, il dono dell’Amore divino, l’immensa tenerezza di Dio per l’uomo. … Nel mondo non si conosce il Padre, non Lo si ama; i cattivi Lo offendono, i buoni Lo temono, pochi Lo amano. Gesù è venuto per farci conoscere il Padre; per questo ci ha fatti figli di Dio nel suo Sangue e nella sua morte” (11.6.1920). Nella progressiva precisazione delle norme di vita come consacrazione a Dio nel mondo, la Famiglia delle Figlie di Dio cresce e si evolve oltre i centri iniziali di Vicenza e Venezia, attraverso una ramificazione di contatti personali. Questo porta inevitabilmente alla diffusione, sebbene occasionale e limitata, degli scritti spirituali di P. Rossetto, incontrando sacerdoti e laici che ne assimilano la sobria intelligenza spirituale. In questo tempo, nella testata delle lettere, accanto alla sigla “A.M.A.”, inizia a comparire il motto “PATER, FIAT!”, che permarrà, più o meno costantemente, fino alla morte di P. Gioachino, divenendo anche il saluto caratteristico dei membri della sua Famiglia spirituale. Egli si riferisce all’invocazione del Padre nostro, “Padre, sia fatta… la tua volontà!” e, da buon ‘Servo di Maria’, la sceglie anche pensando appunto a Maria ed al suo “Sì” di adesione totale alla proposta dell’Angelo nell’Annunciazione. Egli stesso la commenta: “Pater, fiat! Che grande parola. L’ha insegnata Gesù stesso, e la Madre nostra. Pater: a Chi? a Dio! Fiat: che cosa? Tutto! Come? Come vuole Dio!” (14.1.1921). E più tardi dirà che questa invocazione è “sintesi di una vocazione per quelle anime che, coltivate da Dio stesso nel campo della vita del mondo, si devono maggiormente affidare alla cura della sua Provvidenza paterna” (1930). Tra l’estate e l’autunno 1920, P. Gioachino inizia a progettare l’azione missionaria che avrebbe progressivamente caratterizzato la sua opera all’interno dell’Ordine negli anni successivi. Per questo, egli si dedica ad una animazione capillare nelle parrocchie, ma coinvolge in maniera diretta anche le Figlie di Dio. È un nuovo germoglio nell’avviato cammino umano e spirituale della Famiglia. Scrive in proposito: “’Se il grano di frumento, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto (Gv 12,24). Se io fossi rimasto nella mia Missione, in Africa, vi sarei rimasto per me solo; vi dovetti morire appena caduto in quella terra, e fui qui trapiantato per produrre frutto più abbondante. Io sono sempre missionario. … E queste povere figliuole 24 non saranno missionarie? Già lo sono nel cuore, nello spirito. Dio voglia che lo siano anche nelle opere, qua e là, dovunque Dio dispone per loro” (5.12.1920). L’interesse missionario di P. Rossetto ha modo di concretizzarsi in una serie di iniziative a partire dal 1921, iniziando a celebrare ed animare a Monte Berico apposite ‘feste missionarie’. Il fervore dell’animazione missionaria si riflette nei suoi colloqui spirituali con le Figlie di Dio: l’abbandono, la fiducia nel Padre sfociano in un vivo desiderio a voler consacrare la propria vita per far conoscere ed amare il Padre. Indicando in questo anelito la propria missione, egli scrive loro: “Tra le Opere che possono essere Opere nostre, ce n’è una che è nostra per eccellenza: ‘Padre, sia santificato il tuo Nome, venga il tuo Regno’. Ci sono tante anime che non conoscono il Padre perché nessuno ha parlato loro la parola di Gesù. Saremo felici se faremo di questo la nostra Missione!” (14.1.1921). Gli incontri e le riunioni con le Figlie di Dio a Vicenza e a Venezia, seppur fatti in modo discreto nella casa di una o dell’altra, non passano del tutto inosservati. Cominciano a spargersi voci e chiacchere, che costringono P. Rossetto ad interrompere qualsiasi rapporto con le sue “Figliuole”. Ma questa situazione disagevole non crea nessun scompiglio nell’animo suo, anzi diviene occasione per affinare la viva suggestione della paternità di Dio: “Quel Padre, ci è pur Madre, e Madre Vergine. C’è tutto in Lui, che ha pur fatto il cuore della madre più tenera. Il Padre sorride, ed è bello! Bisognerà andare in Egitto, e starvi là fino a che lo dirà Lui” (8.3.1921). Con il proponimento di coltivare l’unità tra le Figliuole, a Vicenza egli comincia a tracciare il progetto di un ‘Laboratorio missionario’ dove esse possano riunirsi. Maria Fogazzaro gli dona una vecchia casa di sua proprietà, Villa San Bastian, alle pendici di Monte Berico, e finalmente, in un clima di lieta tensione e fiducioso abbandono, l’8 settembre 1921 vi si inaugura il laboratorio missionario con il titolo ufficiale di “Casa preghiera e lavoro”. Per P. Gioachino quella Casa non è soltanto un laboratorio missionario, ma funge da centro di incontro e formazione per le Figlie di Dio, senza tuttavia alcun proposito di costituire una comunità religiosa. L’inverno 1921-1922 è caratterizzato essenzialmente dall’intensificazione dell’azione missionaria, in cui P. Rossetto cerca di coinvolgere religiosi e laici attraverso le organizzazioni diocesane. Sul versante della Famiglia delle Figlie di Dio, approfittando dei suoi continui viaggi per l’animazione missionaria, egli cerca di dare stabilità ai vari gruppi sorti qua e là. In aprile 1922 si trova a Roma, ed ha la gioia di vedere ricostruita ufficialmente, dopo oltre un secolo, la Provincia Veneta dell’Ordine dei Servi di Maria. Durante quel soggiorno riesce ad avere un’udienza con il Papa Pio XI, recentemente eletto, ed ha modo di parlargli della Famiglia delle Figlie di Dio. Al Prefetto di Propaganda Fide fa pervenire un lucido esposto dell’Opera intrapresa: “Lo spirito che anima quelle figliuole è del più dolce abbandono e della più generosa uniformità alla Volontà divina del Padre Celeste. Questo trova forza nel filiale amore attinto da Gesù, vero Figlio di Dio, vivo esemplare e principio perenne della vita di figliolanza nella Santa Eucaristia. Così esse, rifuggendo da forme esteriori, potranno fare tutto il bene necessario, che sarà reso più facile dalla amorosa e paterna divina Provvidenza in tutte le circostanze nelle quali ciascuna si trovi” (10.4.1922). Su tutti i fronti incontra comprensione ed incoraggiamento. 25 Sono, quindi, mesi lieti e fecondi per P. Gioachino, sempre fervente in una rinnovata attività pastorale, segnata dalla devozione al Padre ed alla Vergine, adombrata dal vivo senso dell’Eucaristia.

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