Che cosa rimane di Cristo, dopo 2024 anni?
Che cosa rimane di Cristo, dopo 2024 anni? E’ questo il titolo di un libro scritto da una giornalista, che ha intervistato un certo numero di personalità, ponendo la domanda: chi è Gesù, per lei? Molti intervistati si dicono ammirati della figura e degli insegnamenti di Gesù – ma pochi si pongono davanti a lui riconoscendolo il Salvatore, riconoscendolo vero Dio. Ma festeggiare il Natale avrebbe poco senso, qualora non rinnoviamo la nostra fede accogliendo la verità racchiusa nella pagina ora letta, che è l’inizio, il prologo, del vangelo secondo Giovanni. E proprio a partire da questa pagina, pongo anch’io tre domande, a voi e a me: in che cosa consiste il mistero che oggi celebriamo – qual è il suo perché – cosa significa per noi. Il mistero. In uno sconosciuto paesetto, Betlemme, nasce un bambino che è il Figlio di Dio: il Verbo si fa uomo. Il Vangelo racconta il fatto con espressioni di una semplicità disarmante: Maria diede alla luce un figlio, lo avvolse in fasce…
L’Angelo disse ai pastori: oggi è nato un Salvatore…Gli Angeli proclamano: “gloria a Dio e pace agli uomini” … Parole semplici, ma verità da scavare:
– è nato il Salvatore: salva da che cosa?
– è il Figlio di Dio, ed è posto su una mangiatoia: com’è possibile questo infinito contrasto tra gloria divina e povertà di una stalla?
– pace in terra: che tipo di pace? e dov’è oggi questa pace?
– pace agli uomini amati da Dio: cos’è questo amore di Dio?
Dio dovrebbe voler bene a me? come me lo dimostra, e soprattutto come me lo merito? Interrogativi che ci portano alla seconda domanda fondamentale: perché? Perché l’evento della nascita di Gesù? E tutta la rivelazione risponde: il motivo è che Dio ci vuole bene. L’essenza del messaggio del Natale è tutta qui, in questa verità così semplice ma così difficile da assimilare profondamente: Dio ci vuole bene con un amore forte ed efficace, così da inviare il suo Figlio eterno per rendere anche noi in realtà figli suoi.
E il Natale allora ci indica il senso della nostra vita, e ci dice che la terra è fatta per essere il luogo dove volerci bene. La conversione che il Natale ci domanda è la liberazione dalle cose, per metterle al servizio delle persone, perché le persone sono amate da Dio.
E sono così entrato nel terzo punto: cosa significa per noi il fatto che il Figlio di Dio è diventato uno di noi, si è fatto nostro prossimo? Dovremmo ripassare tutto il vangelo per dare una risposta piena – comunque è una domanda che ciascuno deve fare a sé stesso: cosa significa per me il Natale?
Ma vorrei dare due spunti di riflessione: il primo: L’assunzione della condizione umana ha voluto dire per il Figlio di Dio accettazione di tutti i limiti umani.
La contemplazione di questo mistero diventa allora anche una lezione per il nostro orgoglio di persone soddisfatte di sé stessi, coscienti dei propri diritti e fiduciosi delle proprie forze, – e ci spinge a riconoscere invece la nostra limitatezza per accogliere la salvezza che viene soltanto dal Cristo. Il secondo spunto di riflessione: la natività di Gesù ci propone anche di collaborare, sia pure attraverso piccole cose, per un mondo più giusto e sereno, perché a tutti giunga il dono di quella pace il cui annuncio è partito dalla grotta di Betlemme
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