Nov 232024
 

AMBIENTE FAMIGLIARE

FANCIULLEZZA

PADRE ROSSETTO 1880-1892

Come già detto, P. Rossetto nasce a Falgare di Poleo nel 1880, precisamente l’8 giugno. É il sesto dei nove fratelli, nati da Girolamo Rossetto e Maria Luigia Maule. Il suo nome di battesimo è Giuseppe. Lo cambia in “Gioachino Maria” nel 1898, al momento della “vestizione” religiosa, come allora era in uso tra i frati.

Nell’ambiente familiare riceve la prima formazione umana e religiosa: la famiglia è il solco entro cui inizia il suo itinerario spirituale, la radice del suo stile allo stesso tempo deciso e tenero. Il fratello Giovanni, divenuto anche lui sacerdote diocesano, ci lascia un ritratto vivo del papà Girolamo: “Mancherei ad un grave dovere se non ricordassi l’anima robusta e pia del padre mio. … Più che con la parola, ci istruiva con l’esempio, e ci conduceva al bene e alla virtù. Quante volte, quando la mamma era malata, vegliava su noi piccini, di giorno e di notte, facendo da papà e da mamma” (4.2.1939). Della mamma Maria Luigia ci resta la dichiarazione di una sua nipote, che scrive: “(Maria Luigia era) una dolce, tenera, piissima figura di donna, d’incomparabile delicatezza e bontà d’animo. Fu provvidenziale per i figli la fusione dei due metodi educativi che venivano dal diverso carattere del padre e della madre. Dall’uno attinsero l’energia e la sobrietà, la regola e l’attività spiccata; dalla madre appresero la dolcezza, la modestia ed una squisita tenerezza di cuore” (Suor Nilde Maule, 1923). Malattia e morte bussano più volte, e presto, alla porta di casa Rossetto: tre fratellini di Giuseppe muoiono con pochi mesi di età, ed anche la mamma muore quando egli è ancora fanciullo, nel 1887. Dieci anni dopo, il papà passa a seconde nozze, e vive fino al 1919. Testimonianze orali ed epistolari, e memorie scritte, ci offrono una sufficiente conoscenza dell’ambiente nel quale P. Gioachino trascorre l’infanzia e l’adolescenza, ricevendovi la prima formazione morale e spirituale. Si tratta di quell’ambiente comune alla gran parte delle famiglie rurali di allora, dalle quali fiorisce la quasi totalità delle vocazioni ecclesiastiche e religiose. Anche nella famiglia Rossetto, l’atmosfera generale è una sorta di “liturgia della vita quotidiana”, dove ogni dettaglio si riveste di un significato religioso e forma un cammino di educazione integrale. É nella famiglia che il giovane Giuseppe matura una vera sapienza spirituale, protesa al senso di Dio, alla preghiera, alla carità operosa, cose tutte che cresceranno con il crescere dell’età. Tale realtà familiare, segnata da un clima di fiducia e di pietà cristiana, rimarrà sempre viva nel ricordo di P. Gioachino. È significativo che quasi tutti gli episodi dell’infanzia di cui egli parla, abbiano connessione, più o meno marcata, con il sentimento religioso della famiglia. L’esempio e la parola della sorella Virginia, poi entrata tra le Figlie di Maria Ausiliatrice, ha grande influenza su tutti i fratelli, ma in modo speciale sul fratello Giuseppe, tanto da far nascere in lui i primi germi della consacrazione a Dio nel mondo. Egli stesso, infatti, scriverà più tardi: “Ancora giovinetto, dovetti spesso ammirare il grande bene che faceva tra le figlie del popolo e nelle famiglie del nostro paese mia sorella Virginia, fino a che non si fece suora. … Mi sentii nascere allora il proposito che, quando fossi divenuto grande e sacerdote, mi sarei sforzato di valorizzare ed organizzare un simile apostolato, che può integrare quello del clero e delle istituzioni religiose, giungendo là dove quelli per vari motivi non possono giungere” (1930). 5 Espressivo del cammino spirituale del giovane Giuseppe resta ciò che lo stesso P. Gioachino scrive, ricordando la sua fanciullezza: “Avevo certo finito le scuole elementari, e non so se cominciate quelle ginnasiali. Mi è accaduto, e non ricordo come, che mi venisse tra le mani un libricino intitolato “Gesù al cuore del giovane”. Con questo libricino in mano, specie alle domeniche di estate, dopo il canto dei Vesperi, fuggivo da solo nella vigna. … Il libricino era scritto in forma di dialogo tra Gesù e il giovane. Iddio mi parlava soavemente, fortemente. Anche se non vedevo Gesù con gli occhi, lo vedevo con lo spirito; anche se le orecchie non udivano la sua voce materialmente, la sua voce divina mi penetrava calma, scendeva come rugiada sul cuore. … Il Maestro mi diceva: – Figliuolo, se ti conserverai fedele all’amor mio, avrai molto da soffrire sulla terra. Non temere, io sarò con te per aiutarti. Solo sii generoso e costante. Dònati tutto a me e lascia che io pensi a te” (1925).

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