Nov 092024
 

Il discepolo autentico, capace di donare. Il racconto del profeta Elia e l’esperienza di Gesù al tempio sono collegati dall’incontro con la vedova, che nella propria fiducia a Dio è capace di donare tutto ciò che ha, al profeta e al tempio E’ questo il vero senso della fede e del discepolato, per entrare nel regno.

 Gesù ha voluto fare una sosta nel cortile del Tempio, e  attorno a lui ci sono gli apostoli. Nel via vai continuo alcune persone si avvicinano alla  sala del tesoro in maniera ostentata, e nella cassetta  esterna versano grosse offerte. 

 Ma Gesù richiama l’attenzione dei suoi discepoli su una  donna che quasi furtivamente versa anche lei qualcosa in  quella cassetta, e li informa che si tratta di una vedova e  povera. E poi domanda: – Secondo voi, tra tutti i donatori  chi ha fatto l’offerta più cospicua? 

 E’ difficile rispondere, perché da una certa distanza agli  apostoli non è stato possibile valutare l’entità di quanto  versato dai singoli. Con loro sorpresa il Signore dice: –  E’ stata proprio lei, la vedova. Ha versato soltanto due  spiccioli, ma era tutto quello che aveva per vivere (Lc  21,4); gli altri invece hanno versato qualcosa del loro  superfluo. Quindi…  

 Sì, quindi non è l’entità del contributo che ha valore,  ma il cuore di chi dona, di chi sa privarsi anche del  necessario per un’opera di bene. I nostri occhi non sanno  vedere, ma Dio penetra i cuori, legge le intenzioni,  gradisce la vera generosità. Agli occhi di Dio, e quindi  in realtà, il valore dell’azione dipende dal come, dalla  qualità interiore, e non dal quanto. E la qualità è data  dall’amore: “Dio non guarda le mani, guarda il cuore”. Sono due le applicazioni che vengono di  conseguenza.

La prima consiste nell’esaminare se in quello che  compiamo di buono, nella preghiera e all’elemosina, ma  anche nel lavoro, nello studio, nella vita di famiglia, nella  vita civica, eccetera, se in tutto questo ci mettiamo il  cuore e la testa, cioè un’attenzione fatta di amore, – o se  invece siamo più preoccupati di quello che possono dire  gli altri. 

 In secondo luogo, quando guardiamo agli altri vediamo  soltanto la quantità, cioè quello che appare all’esterno, o  facciamo lo sforzo di capire anche la qualità del loro  agire? 

 Non è facile entrare nelle intenzioni altrui, quasi mai ne  siamo capaci con sicurezza – ma il nostro occhio deve  essere benevolo e partire dal presupposto che la qualità  sia buona, e comunque ricordarci che il giudizio assoluto  e veritiero spetta a Dio. Nell’aldilà avremo delle grosse  sorprese nello scoprire la miseria di persone che  credevamo brave e buone, ma che erano come quegli  scribi che Gesù condanna; e scoprire invece la ricchezza  spirituale di persone che forse abbiamo disprezzato. 

 Perché a Dio non si presentano delle cifre: ho dato  tanto, ho prodotto tanto. A Dio dovremo presentare il  cuore: Dio vedrà se questo è stato buono, se è stato  riconoscente e attento. Perché questo solo conta: avere un  cuore buono che ci spinge a fare il bene.

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