CHE SI RIFLETTE
NEI FRATELLI
Meno due, ormai. Due mesi esatti ci separano dall’apertura della Porta Santa della Basilica di San Pietro e dall’inizio del Giubileo. E mentre il conto alla rovescia procede, ci viene incontro, come un’altra pietra miliare sul cammino, la parola carità che completa il trittico delle virtù teologali, legate all’anno Santo. La carità giubilare è qualcosa che va ben oltre la semplice elemosina.
E’ atto di amore verso Dio, che si riflette poi nell’amore per i fratelli. E’ proprio in virtù di questo amore che il pellegrino si mette in cammino verso la Porta Santa, riconoscendosi innanzitutto povero e perciò bisognoso dell’amore e della misericordia di Dio. E’ a causa di questo amore che eleva la sua preghiera a Dio, che chiede i Sacramenti della riconciliazione e della comunione. Ed è infine per seguire la dinamica di questo amore che egli esce trasformato dal passaggio della Porta Santa, per andare incontro agli altri con sguardo nuovo e nuova condotta di vita. Lo ha scritto in maniera mirabile papa Francesco nel Messaggio per la Giornata mondiale dei Poveri che si celebrerà in questo mese di novembre: “Tutti siamo mendicanti, perché senza Dio saremmo nulla. Non avremmo neppure la vita se Dio non ce l’avesse donata. E, tuttavia, quante volte viviamo come se fossimo noi i padroni della vita o come se dovessimo conquistarla! La mentalità mondana chiede di diventare qualcuno, di farsi un nome a dispetto di tutto e di tutti, infrangendo regole sociali pur di giungere a conquistare ricchezza. Che triste illusione – sottolinea il Pontefice – La felicità non si conquista calpestando il diritto e la dignità degli altri”. Il Giubileo serve anche a questo. A rimettere le cose nel giusto ordine, facendoci sentire bisognosi di quell’amore che si è riversato su di noi attraverso la morte e la risurrezione di Cristo. E innescando il nostro amore per gli altri, a partire da quelli che vivono in condizioni di povertà materiale, spirituale ed esistenziale. Carità è dunque una delle parole guida del Giubileo, perché non solo fa rima con povertà, ma anche con preghiera, abbandono fiducioso a Dio e capacità di cambiamento della propria vita. Sempre nel Messaggio poc’anzi citato, papa Bergoglio scrive a proposito di queste concatenazioni: “La preghiera trova nella carità che si fa incontro e vicinanza la verifica della propria autenticità. Se la preghiera non si traduce in agire concreto è vana: infatti la fede senza le opere è morta”. Tuttavia, “la carità senza preghiera rischia di diventare filantropia che presto si esaurisce”. Per dirla con un altro grande Papa, Benedetto XVI, “senza la preghiera quotidiana vissuta con fedeltà, il nostro fare si svuota, perde l’anima profonda, si riduce ad un semplice attivismo”. In definitiva ogni Anno Santo, e questo in particolare dedicato com’è alla speranza che non delude, è latore di un messaggio diretto a tutti: “Dio è attento a ognuno di noi e ci è vicino. Non dimentica né potrebbe mai farlo”. Da Avvenire di M. Muolo
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