Set 072024
 

La salvezza “apre” le persone. L’annuncio profetico di Isaia trova compimento nell’agire salvifico di Gesù. La parola di Dio, promessa e incarnata, apre il credente nel profondo, affinché possa ascoltare la salvezza che proviene dal Signore e possa testimoniarla con la propria vita, “aperta” agli altri.

Di fronte al miracolo compiuto da Gesù, spontanea è  l’esclamazione della gente: “Ha fatto bene ogni cosa!”.  Questa esclamazione mi ha fatto ricordare che a  conclusione del racconto della creazione la Bibbia dice:  “Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco era cosa molto  buona” (Gen 1,31). 

 Possiamo mettere vicine le due frasi, e farle nostre in un  atto di fede nella divinità di Gesù: chi compie le  guarigioni di cui parla il vangelo, è lo stesso che ha creato  l’universo. 

 Ripensiamo alla guarigione del sordomuto: è raccontata  con molti particolari, e l’evangelista sembra quasi voler  richiamare l’attenzione, sì sul risultato miracoloso, ma  anche sui gesti compiuti da Gesù: gli tocca gli orecchi e  le labbra, sospira guardando il cielo, cioè prega, e infine  ordina: “Apriti!”. 

 Questo miracolo è un simbolo di quello che Gesù ha  compiuto anche in noi. Quando abbiamo ricevuto il  Battesimo, il sacerdote ha ripetuto su di noi proprio i gesti  di Gesù: ha toccato le nostre orecchie e le nostre labbra,  ha detto la parola “effatà” cioè apriti, e poi ha detto  questa preghiera breve come un sospiro: “Il Signore  Gesù, che fece udire i sordi e parlare i muti, ti conceda di  ascoltare la sua parola e di professare la tua fede”. 

 Sì. il Battesimo ci ha dato la capacità di dialogare con  Dio, ascoltarlo e parlargli. 

 Ma questa capacità di dialogare con il Signore noi la  esercitiamo, o siamo ridiventati sordomuti nei suoi  confronti?

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 Sappiamo che ci sono gli analfabeti di ritorno, quelli  cioè che hanno imparato da piccoli a leggere e a scrivere  ma poi, per mancanza di esercizio, l’hanno dimenticato.  Ebbene, ci possono essere anche i sordomuti di ritorno, in  senso spirituale. Forse lo siamo pure noi, un po’ sordi e  un po’ muti, anche se – speriamo! – soltanto un po’. E’  così se non usiamo l’udito interiore per ascoltare Dio, se  non adoperiamo la voce interiore per lodarlo con fede per  noi e per ogni creatura. 

 Voce interiore, che però sa anche esprimersi all’esterno,  nella preghiera comunitaria, perché nelle nostre  assemblee non dobbiamo essere dei presenti passivi, che  sembrano vergognarsi anche di dire “amen!”, di unire la  propria voce a quella degli altri nel ringraziare il Signore.  In quella guarigione Gesù disse: “Apriti!”; questo  comando raggiunge anche il nostro cuore, che troppo  spesso chiudiamo ripiegandoci su noi stessi invece di  spalancarlo a Dio e ai fratelli. 

 Se è vero, ed è vero, che pure verso di noi Dio ha fatto e  continua a fare bene tutte le cose, vogliamo rispondere  facendo anche noi un po’ di bene attorno a noi.

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