Ago 232024
 

La fede nella Risurrezione di Cristo, cuore dell’annuncio cristiano, fa la differenza

Esiste davvero una speranza che non delude, come ricorda Papa Francesco nella bolla di indizione del prossimo Giubileo citando san Paolo? O potrebbe aver ragione il cinismo del proverbio “chi di speranza vive, disperato muore”? Per i cristiani la speranza che non delude esiste ed ha le sue radici “in alto”, nella Risurrezione di Cristo dai morti.

Già Benedetto XVI aveva parlando della “Grande speranza” (nell’enciclica Spe Salvi), distinta da quelle piccole e importanti che condividiamo pure con persone di diversa o nessuna fede religiosa; speranze belle, concrete, che suscitano impegno, sostengono in difficoltà e prove, ma non sempre reggono dinanzi al tanto male che c’è nel mondo, tantomeno all’enigma della morte. La fede nella Risurrezione di Cristo, cuore dell’annuncio cristiano, fa la differenza.

Come educarci ed educare alla speranza che non delude? Accogliendo e annunciando, sempre nuovamente e con umile fierezza, il Vangelo, che è Gesù: il Risorto, il vivente. Annuncio credibile se accompagnato – magari preceduto – dalla testimonianza di donne e uomini, essi stessi segni di speranza, operatori di pace e giustizia, amanti della vita dal suo sbocciare al suo naturale tramonto.

Donne e uomini che esprimono agli ammalati, ai detenuti, ai migranti, agli esuli e ai profughi, ai poveri e agli indigenti, vicinanza, tenerezza, compassione, secondo lo stile di Dio. Educare alla speranza che non delude si realizza affiancando con discrezione i giovani, incoraggiandoli, valorizzando i sogni e soprattutto assumendo sfide e linguaggio; di modo che possano sgorgare in loro la ricerca e l’incontro con Cristo, con la proposta rivoluzionaria del Vangelo. Educare alla speranza significa non nascondere la drammaticità del dolore e nemmeno la sfida che, soprattutto quello innocente, pone alla fede. Significa educare all’impegno per non lasciare solo chi soffre e portargli tutto il sollievo possibile: dalle cure primarie a sempre più efficaci terapie del dolore. Offrire ascolto e accompagnamento: affettivo, psicologico, spirituale, pure nell’ora del morire. Accostare chi patisce con discrezione, verità e concretezza. Comporta educarsi ed educare alla necessaria empatia, senza favorire vittimismi; ma anche sdoganare, assumere e rispettare i momenti di rabbia e protesta, sconcerto e delusione, silenzio e disperazione di chi soffre. Alla speranza autentica è vietato discettare con supponenza o con parole di circostanza sul dolore, talvolta insopportabile. Le si chiede, invece, di evitare vie di fuga e offrire compagnia su sentieri impervi, dove trovare senso sembrerebbe assurdo. Ai cristiani poi, è chiesto di seguire l’esempio di Cristo, che passò facendo del bene, soprattutto condividendo il dolore e trasformandolo in occasione di salvezza con il dono di sé. E per questo non va sottovalutata la necessità della preghiera e la consapevolezza che “alla sera della vita saremo giudicati sull’amore” (san Giovanni della croce). Mi piace concludere con alcune parole del Papa proprio sull’educare alla speranza: “Non arrenderti alla notte… Non pensare mai che la lotta che conduci quaggiù sia del tutto inutile. Alla fine dell’esistenza non ci aspetta il naufragio… Dio non delude: se ha posto una speranza nei nostri cuori, non la vuole stroncare con continue frustrazioni. Tutto nasce per fiorire in un’eterna primavera. Anche Dio ci ha fatto per fiorire. Gesù ci ha consegnato una luce che brilla nelle tenebre: difendila, proteggila. E soprattutto, sogna! Non avere paura di sognare. Sogna! Sogna un mondo che ancora non si vede, ma che di certo arriverà. Vivi, ama. Sogna, credi. E, con la grazia Dio non disperare mai”.

Di L. Ponticelli, da Avvenire del 20 agosto 2024

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