Lug 202024
 

RELEGARE GLI ANZIANI ALL’INATTIVITÀ INSOSTENIBILE PER IL NOSTRO FUTURO

Caro direttore, recessione economica, pandemia, crisi ambientale e climatica, rivoluzione tecnologica: ha una dimensione multifattoriale il cambiamento degli ultimi decenni, delle cui reali ricadute solo parzialmente siamo consapevoli. La reale identità del cambiamento si esplica con chiarezza nelle parole di papa Francesco: «Non viviamo un’epoca di cambiamenti, ma un cambiamento d’epoca».

Gli archetipi sociali ed economici dell’ultimo secolo risultano profondamente inadeguati. La legge 33/2023 (“Deleghe al Governo in materia di politiche in favore delle persone anziane”, ndr) promossa dall’arcivescovo Vincenzo Paglia e la discussione che lui stesso ha suscitato dalle autorevoli pagine di questa testata sono pietre angolari per riflettere sul nuovo, indispensabile, orizzonte culturale. L’inattività a cui viene relegata la popolazione anziana non è più sostenibile non solo nella prospettiva sanitaria ed economica ma anche e soprattutto sociale. In tutto il mondo occidentale ma particolarmente in Italia, seconda nazione al mondo per numero di anziani rispetto alla popolazione totale, diventa fondamentale ripensare la società rileggendo il valore dell’anziano.

Monsignor Paglia evidenzia la necessità di lavoro – liberamente scelto, tutelato e protetto – per l’anziano, quale determinante di invecchiamento attivo e stabilità economica individuale ma anche quale essenziale risorsa per la sostenibilità sanitaria e assistenziale del Paese. In questa prospettiva è indispensabile che la cultura aziendale, in particolare quella di matrice anglosassone, evolva radicalmente: l’ecosistema aziendale non può più considerare il sessantenne come fonte di potenziale risparmio salariale ma deve comprendere come valorizzarne le competenze, la conoscenza, le relazioni, la reputazione e come – anche in una prospettiva di valorizzazione del patrimonio dei saperi – sostenere una virtuosa collaborazione intergenerazionale.

Simmetricamente alla riconfigurazione dei percorsi di carriera aziendali è fondamentale un ridisegno dei modelli urbani. Oltre il 70% della popolazione nazionale vive in città, spesso sviluppatesi nel secolo scorso senza una visione sistemica e programmatica, alimentando processi di disgregazione sociale. Spazi e dinamiche urbane – lo sostiene Roberto Pella, vice presidente vicario dell’Associazione nazionale Comuni italiani – devono essere ripensati per riconnettere giovani e anziani e la progettazione territoriale – come peraltro evidenzia Stefano Capolongo, professore ordinario di Hospital Design e Urban Health del Politecnico di Milano – evolve per integrare in misura crescente azioni di tutela e promozione della salute soprattutto per le persone anziane.

Relegare l’anziano in solitudine e inattività in una casa o, peggio, in una casa di riposo non solo non è eticamente giusto ma soprattutto non è più sostenibile nella prospettiva economica, sociale e anche sanitaria. Le sperimentazioni avviate grazie alla legge 33 – lo sottolinea Paolo Petralia, vice presidente vicario della Federazione italiana Aziende sanitarie e ospedaliere – consentono di sviluppare nuovi modelli di domiciliazione delle cure, anche abilitati dalla telemedicina, deospedalizzando i trattamenti e contribuendo a ridurre il problema più cogente del Servizio sanitario nazionale: le liste d’attesa. Queste sperimentazioni risultano preziosi germogli per crescere una sanità attenta alla persona e ai suoi bisogni, e nel contempo più efficace ed efficiente. La legge 33, nelle sue molteplici ricadute, è quindi una preziosa scintilla per innescare il radicale ridisegno di società, economia e sanità. Ma è necessario un impegno unanime e condiviso di professionisti, cittadini, istituzioni, aziende e politica per alimentare questa scintilla e forgiare la nuova, necessaria, cultura per il progresso umano.                     Ludovico Baldessin, Avvenire 12/07/2024

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