Feb 102024
 

Salvati dalla lebbra del peccato. Dio manifesta la sua misericordia verso il suo popolo soprattutto perdonando il suo peccato e custodendolo nel suo cammino. È questo il significato spirituale della lebbra, la malattia dell’impurità che viene sconfitta da Gesù, ridonando così all’umanità peccatrice una piena comunione con Dio.

Commento di DON MARIO ALBERTINI

Negli atteggiamenti di Gesù c’è una strana  contraddizione tra prima e dopo il miracolo: quando il  lebbroso, che tutti sfuggono, si presenta, Gesù “ne ebbe  compassione”; ma subito dopo “lo cacciò via subito”.E’  detto proprio così; lo cacciò. 

 L’evangelista non spiega; penso che sia perché prima  quel tizio si presenta nell’umiltà di chi chiede, e poi forse  pretende di essere ammesso subito tra gli apostoli. In altre  parole: chi è umile, Gesù lo accoglie; chi ha delle pretese,  lo allontana. Vale la pena pensare a come noi ci  presentiamo a Dio, forse anche noi con delle pretese. Ma da quel lebbroso impariamo come dev’essere la  nostra preghiera. Egli dice: “Se tu vuoi, puoi guarirmi”.  Nelle nostre preghiere noi magari ci dilunghiamo per  spiegare al Signore cosa e come deve fare – ma gli  elementi essenziali di una vera preghiera sono in queste  poche parole. Sono tre questi elementi essenziali. 

Il primo è questo: quel personaggio del vangelo parte  dalla consapevolezza di essere lebbroso. In noi ci deve  essere la consapevolezza di aver bisogno di una  guarigione interiore perché ci ritroviamo con tante  mancanze. E se per il lebbroso la sua condizione era una  cosa evidente, non sempre invece noi ci consideriamo  davvero bisognosi della misericordia di Dio. Ecco il  primo elemento della preghiera: non è su noi stessi che  possiamo contare, ma dobbiamo metterci davanti a Dio  consci della nostra povertà. 

Il secondo elemento della preghiera è la fiducia nella sua  onnipotente bontà: “tu puoi”, dice il lebbroso. Nelle  preghiere liturgiche spesso al nome di Dio si unisce l’attributo “onnipotente”; ora, la sua onnipotenza è al  servizio della sua bontà, è il suo amore che è onnipotente,  ed è in questa onnipotenza amorevole che dobbiamo  avere fiducia: sì, Tu puoi. 

Il terzo elemento: il lebbroso chiede con fiducia, forse  unita a un po’ di timore; riconosce però che spetta a Gesù  decidere e dice: “se tu vuoi”. Dobbiamo lasciare a Dio la  scelta di compiere in noi la sua volontà, che è sempre  volontà di salvezza. E’ quello che affermiamo quando nel  Padre Nostro ripetiamo “sia fatta la tua volontà”. 

 Ecco, dall’episodio del vangelo impariamo a far nostra,  con sincerità, l’invocazione: “Signore, se tu vuoi, puoi  guarirmi”, puoi aiutarmi, puoi venire incontro a quanto ti  chiedo. E te lo chiedo con umiltà, con fiducia, accettando  la tua volontà. 

 Ora, non è solo nei momenti straordinari che dobbiamo  pregare, ma ancor più nel compimento del dovere  quotidiano, abituale, spesso monotono, mettendoci la  forza della fede e l’entusiasmo dell’amore. Riconoscendo  la presenza di Dio nel silenzio della nostra povera vita. 

Ed è proprio nel silenzio del nostro interno che possiamo  gridare: Signore, se tu vuoi, puoi guarirmi. “L’orecchio di  Dio è vicino al nostro cuore” (s. Agostino).

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