Salvati dalla lebbra del peccato. Dio manifesta la sua misericordia verso il suo popolo soprattutto perdonando il suo peccato e custodendolo nel suo cammino. È questo il significato spirituale della lebbra, la malattia dell’impurità che viene sconfitta da Gesù, ridonando così all’umanità peccatrice una piena comunione con Dio.
Commento di DON MARIO ALBERTINI
Negli atteggiamenti di Gesù c’è una strana contraddizione tra prima e dopo il miracolo: quando il lebbroso, che tutti sfuggono, si presenta, Gesù “ne ebbe compassione”; ma subito dopo “lo cacciò via subito”.E’ detto proprio così; lo cacciò.
L’evangelista non spiega; penso che sia perché prima quel tizio si presenta nell’umiltà di chi chiede, e poi forse pretende di essere ammesso subito tra gli apostoli. In altre parole: chi è umile, Gesù lo accoglie; chi ha delle pretese, lo allontana. Vale la pena pensare a come noi ci presentiamo a Dio, forse anche noi con delle pretese. Ma da quel lebbroso impariamo come dev’essere la nostra preghiera. Egli dice: “Se tu vuoi, puoi guarirmi”. Nelle nostre preghiere noi magari ci dilunghiamo per spiegare al Signore cosa e come deve fare – ma gli elementi essenziali di una vera preghiera sono in queste poche parole. Sono tre questi elementi essenziali.
Il primo è questo: quel personaggio del vangelo parte dalla consapevolezza di essere lebbroso. In noi ci deve essere la consapevolezza di aver bisogno di una guarigione interiore perché ci ritroviamo con tante mancanze. E se per il lebbroso la sua condizione era una cosa evidente, non sempre invece noi ci consideriamo davvero bisognosi della misericordia di Dio. Ecco il primo elemento della preghiera: non è su noi stessi che possiamo contare, ma dobbiamo metterci davanti a Dio consci della nostra povertà.
Il secondo elemento della preghiera è la fiducia nella sua onnipotente bontà: “tu puoi”, dice il lebbroso. Nelle preghiere liturgiche spesso al nome di Dio si unisce l’attributo “onnipotente”; ora, la sua onnipotenza è al servizio della sua bontà, è il suo amore che è onnipotente, ed è in questa onnipotenza amorevole che dobbiamo avere fiducia: sì, Tu puoi.
Il terzo elemento: il lebbroso chiede con fiducia, forse unita a un po’ di timore; riconosce però che spetta a Gesù decidere e dice: “se tu vuoi”. Dobbiamo lasciare a Dio la scelta di compiere in noi la sua volontà, che è sempre volontà di salvezza. E’ quello che affermiamo quando nel Padre Nostro ripetiamo “sia fatta la tua volontà”.
Ecco, dall’episodio del vangelo impariamo a far nostra, con sincerità, l’invocazione: “Signore, se tu vuoi, puoi guarirmi”, puoi aiutarmi, puoi venire incontro a quanto ti chiedo. E te lo chiedo con umiltà, con fiducia, accettando la tua volontà.
Ora, non è solo nei momenti straordinari che dobbiamo pregare, ma ancor più nel compimento del dovere quotidiano, abituale, spesso monotono, mettendoci la forza della fede e l’entusiasmo dell’amore. Riconoscendo la presenza di Dio nel silenzio della nostra povera vita.
Ed è proprio nel silenzio del nostro interno che possiamo gridare: Signore, se tu vuoi, puoi guarirmi. “L’orecchio di Dio è vicino al nostro cuore” (s. Agostino).
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