Gen 132024
 

La Giornata mondiale della gioventù è stata un segno di speranza non solo per la Chiesa cattolica, ma per il mondo intero. Nonostante tutto, la fede delle nuove generazioni non si è affievolita, ma aveva bisogno di essere sostenuta dall’incontro tra i popoli, dalla diversità delle nazioni che si riconoscono figli di un unico Padre. Di riconoscersi comunione attorno alla croce di Gesù, convocati dal Santo Padre.

Sono partito provocando domande nei ragazzi che mi chiedevano informazioni sulla partecipazione e sono tornato io con due domande che il Santo Padre ci ha consegnato a Lisbona; domande che oggi, nelle nostre Chiese diocesane e nei gruppi di adolescenti e giovani possono aiutare a rileggere quanto vissuto perché diventi un’autentica esperienza di fede : “Come possiamo diventare radici di gioia?” e “C’è qualcosa che ci fa piangere nella vita?”.  Riguardo alla prima, consegnataci dal Papa durante la veglia di preghiera lui stesso ci ha indicato tre binari, tre verbi: cercarla, scoprirla nel dialogo e donarla.

Non ci sono ricette preconfezionate per diventare radici di gioia, ma occorre mettersi in movimento come Maria. Non ci sono corsi speciali per diventare radici, ma ci si trasforma coinvolgendosi. Se è vero che la radice della nostra gioia è Gesù Cristo, essere radici di gioia vuol dire essere Lui, vivere di Lui, nutrirsi di Lui. Le radici non sono visibili, ma non per questo sono meno importanti In un certo senso il Santo Padre ci ha invitati a essere segreto, giovani che attingono vita dalla Vita. Noi adulti, educatori, abbiamo la responsabilità e il dono di accogliere l’intenso vissuto dei ragazzi per aiutarli a rileggere, a rinarrare la loro fede da una prospettiva più ampia rispetto a quanto può accadere in parrocchia o in oratorio. Credo che chi accompagna giovani debba facilitare un processo di risignificazione nella vita dei ragazzi perché prendano sempre più coscienza del dono ricevuto, del bene donato e delle scelte di vita che tutto questo può portare a decidere di intraprendere. La seconda domanda è riecheggiata durante la Via Crucis vissuta a Parco Edoardo VII. “C’è qualcosa che ci fa piangere nella vita?”. Noi piangiamo per tanti motivi, ma in quel contesto di preghiera ho associato il pianto a due momenti in cui proviamo sentimenti apparentemente opposti: la gioia e il dolore. Mi sono chiesto “cosa fa piangere di gioia e cosa di dolore?”. Questa domanda non è scollegata dalla prima. Il dolore e la gioia hanno un legame profondo con le radici di vita, rispetto a ciò che è radicato in noi. Durante la Gmg a Lisbona ho avuto l’opportunità di ascoltare tanti gruppi di adolescenti e giovani da tutta Italia. Curando il Podcast Tienimi il posto e intervistando tanti ragazzi e ragazze mi sono commosso nell’ascoltare i loro vissuti sinceri e di come erano capaci di confessare la loro fede. Molti sono stati vissuti di fatica e sconforto, ma questo non ha impedito loro di essere gioiosi per la fede nel Risorto, nello scegliere di essere a Lisbona, accompagnare gruppi e impegnarsi nel quotidiano per essere cristiani “fino in cima”, come avrebbe detto don Tonino Bello. L’ascolto mi ha commosso per il dolore e per la gioia. Non possiamo far finta che Dio sia in mezzo a noi nella vita e nella storia… o meglio, nella “nostra” vita e nella “nostra” storia”.         

Da Avvenire di D. Abascià

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