Chiamati al banchetto. L’immagine del banchetto racchiude in sé, da una parte, la chiamata di Dio a partecipare alla sua gioia; dall’altra, l’impegno richiesto al credente affinché si faccia trovare pronto e possa vivere di questa chiamata. I due aspetti intercettano così la vita di fede nel presente e anticipano la realtà escatologica.
Commento di DON MARIO ALBERTINI
Una parabola piena di assurdità, che non ha riscontro con la realtà; è assurdo che tutti i primi invitati rifiutino un invito a un pranzo di nozze, invito poi che viene addirittura da un re; assurdo che poi l’invito sia esteso a tutti, gente per bene o straccioni, senza un minimo di verifica; assurdo poi che a scacciare uno sia il fatto che non ha un vestito come si deve… Ma con queste assurdità passa un messaggio importante.
L’immagine del pranzo di nozze è frequente nella Bibbia (v. prima lettura), e Gesù la riprende nella sua parabola. Ma in che cosa consiste? Certo il primo significato è quello del regno dei cieli, del paradiso. Ma potremo anche interpretare come invito a far parte della Chiesa, che è la famiglia di Dio; oppure anche alla comunione eucaristica. Ma nella sua verità ultima, che racchiude le interpretazioni date, il banchetto nuziale è simbolo dell’intimità con Dio, a cui Dio stesso ci chiama. Essere suoi commensali significa partecipare alla sua gioia, infatti il pranzo di nozze richiama subito l’idea della gioia. E che nella parabola si parli delle nozze del Figlio sta a dire che questa partecipazione e questa gioia vengono da Gesù; è l’incontro con Gesù che apre all’intimità con Dio. E intimità con Dio vuol dire accogliere il suo amore, e corrispondere. Ad entrare nella sala del banchetto alla fine sono stati “cattivi e buoni”. Penso che tutti noi facciamo parte di questa schiera, tutti siamo un po’ buoni e un po’ cattivi, e cioè la chiamata del Signore ci raggiunge non perché siamo già buoni e abbiamo dei meriti, ma così come siamo, appunto un po’ buoni e un po’ cattivi. Sarà lui a renderci davvero buoni se gli rispondiamo di sì.
La parabola parla di invitati che rifiutano, chi per indifferenza, chi per motivi poco credibili. Questo sta a significare che l’uomo ha la capacità di dire di no al Signore. Ma la cosa meravigliosa è che ha pure la capacità di dirgli di sì. Accettare l’invito comporta però delle esigenze. La parabola parla di un abito nuziale; l’abito nuziale per noi è la misericordia di Dio: occorre accogliere con tutto il cuore questa misericordia, accogliere la bontà di Dio, e lo si fa aderendo davvero alla sua Parola.
Non sempre è facile, ma con la massima fiducia possiamo e dobbiamo domandare al Signore che ci sostenga con il suo aiuto. Nella seconda lettura c’è una frase di san Paolo che è tutto un programma, e che dovrebbe far parte delle nostre convinzioni più costanti. Dice san Paolo: “Tutto posso in colui che mi dà forza”. Sulla strada del bene ci sono tentazioni che spingono al male, ma non c’è da aver paura, perché c’è il Signore a darci forza. Sappiamo di essere amati da Lui, e allora fare il bene è sempre possibile, perché Dio è la nostra forza. La nostra capacità di dire di sì è dono di questa forza. E Dio allora ci ammetterà nella sua intimità e sarà anche la nostra gioia.
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