COSA VUOL DIRE
PER ME ANDARE OLTRE … VERSO LE PERIFERIE DEL MONDO
Una delle tante esperienze profonde ed interessanti che ho vissuto l’anno scorso è stato partecipare al Capitolo Generale dei Missionari Comboniani tenutosi a Roma nel mese di Giugno 2022. In questo mese noi missionari abbiamo avuto l’opportunità di incontrare Papa Francesco che ci ha ricevuto e accolto in Vaticano. Voglio condividere con voi un breve stralcio del suo messaggio di incoraggiamento:
“Ecco perché alcuni grandi missionari, come Daniele Comboni, hanno vissuto la loro missione sentendosi animati e “spinti” dal Cuore di Cristo, cioè dall’amore di Cristo. E questa “spinta” ha permesso loro di uscire e di andare oltre: non solo oltre limiti e confini geografici, ma prima ancora oltre i loro stessi limiti personali. Questo è un motto che per voi deve “fare rumore” nel cuore: andare oltre, andare oltre, andare oltre, sempre guardando l’orizzonte, perchè sempre c’è un orizzonte, per andare oltre. La spinta dello Spirito Santo è quella che ci fa uscire da noi stessi, dalle nostre chiusure, dalla nostra autoreferenzialità, e ci fa andare verso gli altri, verso le periferie, là dove maggiore è la sede di Vangelo”
Papa Francesco ai Missionari Comboniani in Capitolo generale, 18 giugno 2022
Cosa vuole dire per me andare oltre? Verso le periferie!
Queste parole di Papa Francesco, sin da quando le ha pronunciate, mi hanno colpito e toccato molto. Nella mia vita missionaria ho sempre vissuto “andando oltre”, cercando di rispondere, in umiltà e disponibilità, alla chiamata che ho sempre sentito dentro in tutti questi anni. Servire Gesù nei volti e nelle storie dei poveri e degli ultimi che Lui mi faceva incontrare dovunque sia stato in Europa, in Africa e in altri continenti.
Sempre nelle periferie umane e della storia perché molto spesso dimenticate da tutti. Gli anni duri ma stupendi e significativi passati nella baraccopoli di Korogochi in Kenya sono stati un laboratorio di umanità, spiritualità e di vita vissuta in pienezza incontrando molti uomini e donne alle quali non veniva riconosciuta la propria dignità perché bambini di strada, prostitute, raccoglitori della discarica, alcolisti, drogati, criminali e altro ancora. Erano e sono gli “scarti di quella società”. Ma sono uomini e donne come me, con gli stessi sentimenti e desideri ma con una lingua, cultura, tradizioni e pelle diversa. Anche loro come me, alla ricerca del Dio della misericordia e della vita. E’ proprio quell’andare oltre che mi ha dato una nuova vita, mi ha salvato, mi ha arricchito, mi ha maturato come uomo, religioso e sacerdote missionario. Undici anni di dono che mi hanno fatto crescere molto alla scuola dei poveri!
Così pure nei sette anni vissuti in Sud Sudan nell’assurdo conflitto fratricida dei leaders del Paese che hanno condannato a morire oltre 400 mila persone in cinque anni con uccisioni, violenze e stupri a donne e bambini mai visti nemmeno nella guerra con il Sudan islamico per i precedenti 30 anni. Con milioni sfollati e all’estero come rifugiati. Poi un anno negli Stati Uniti presso le Nazioni Unite e il Parlamento Americano dove ho vissuto con sofferenza un passaggio nei corridoi e le assemblee diplomatiche asettiche e artificiali. Questa diplomazia è molto lontana dalle realtà delle periferie di questo mondo ma detiene il centro del potere economico, politico. Lontanissimo dalla gente e dai poveri che gridano pace e giustizia in tante parti del mondo! Era un mondo che era lontano anche da me abituato a vivere la periferia e la realtà emarginata e abituato a camminare insieme a popoli che lottano “per vivere e molti per sopravvivere”. Così ho chiesto di ritornare in periferia e in una missione di frontiera. Il mio ministero e luogo di missione oggi è con i migranti, soprattutto africani presenti qui che sono oltre 15mila, la maggioranza senza documenti regolari. Una piccola Africa vicino a Napoli. Vivo qui da quattro anni ormai e comprendo sempre più che le dinamiche di chi vive ai margini e alle frontiere periferiche del mondo sono molti simili ovunque e fotocopia di istituzioni che lasciano crescere situazioni di disagio senza comprendere che possono essere esplosive perché in crescita numerica. In queste periferie del mondo, la cosa più bella e profonda che ho sempre provato è il sentirmi a casa dove ho trovato accoglienza fraterna, amicizia e semplicità nei rapporti umani. Là c’era già Gesù che mi aspettava. Questo ti fa andare oltre ti fa superare i confini e i muri che noi umani sappiamo costruire dentro e fuori noi stessi. Non è facile vivere e resistere in luoghi come le baraccopoli o in guerre civili e altre situazioni di violenza e soprusi. Quando ricevi minacce di violenza o di morte sei tentato di fuggire e aver paura ma lo Spirito ti dà nuova vita e ti rinnova dentro e fuori.
Papa Francesco ci stimola sempre e ci invita ad andare alle periferie a vedere il mondo com’è davvero, soprattutto dove vie la maggioranza delle persone di questo mondo. dalla periferia il mondo appare più chiaro ma anche più ingiusto.
Per trovare un futuro nuovo, bisogna andare nella periferia. Quando Dio ha voluto rigenerare la creazione e con Gesù, ha scelto di andare nella periferia: nei luoghi di peccato e miseria, di esclusione e sofferenza, di malattia e solitudine. Erano anche luoghi di opportunità, di grande accoglienza e umanità.
Bisogna frequentare le periferie e viverle: quelle urbane, delle campagne, quelle sociali e quelle esistenziali. Il punto di vista degli ultimi è la migliore scuola, ci fa capire quali sono i bisogni più veri e mette a nudo le soluzioni solo apparenti.
Mentre ci dà il polso dell’ingiustizia, ci indica anche la strada per eliminarla: ti fa comprendere come sia necessario costruire comunità dove ciascuno si senta riconosciuto nella propria dignità come persona e cittadino, titolare di doveri e diritti, nella logica che lega l’interesse del singolo e il bene comune. Perché ciò che contribuisce al bene di tutti concorre anche al bene del singolo.
Questi luoghi periferici sono realtà nelle quali viene meno la disponibilità e la qualità dei servizi, e si formano nuove sacche di povertà ed emarginazione. E’ lì che le città e le nazioni si muovono a doppia corsia: da una parte l’autostrada di quanti corrono comunque ipergarantiti, dall’altra le strettoie dei poveri e dei disoccupati, delle famiglie numerose, degli immigrati, degli scarti e di chi non ha qualcuno su cui contare.
Non dobbiamo accettare che ci siano realtà che separano e fanno sì che la vita dell’uno sia la morte dell’altro e la lotta per sé finisca per distruggere ogni senso di solidarietà e umana fratellanza. Costruire un modno migliore significa allora costruire il Regno di Dio del già e non ancora! E sempre in cammino….
Di P.D.Moschetti, missionario comboniano
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