Per Antonio la Chiesa, che egli definisce “anima fedele”, è una realtà semplice, umile e fraterna. Proprio perché rifugge dalla logica del potere, essa non si arrocca a difesa dei privilegi né attacca i nemici, ma cammina tra gli uomini, condividendone la realtà.
All’epoca di Antonio la parola “ecclesiologia” non esiste, e non c’è neppure una vera e propria teoria sistematica sulla Chiesa. Tuttavia la questione circa la natura della Chiesa è viva, e Antonio certamente non la trascura. Anzi, la sua visione si dimostra di sorprendente attualità. Per quanto riguarda la comprensione che la Chiesa ha di se stessa, Antonio vive in un momento di passaggio. La formazione agostiniana gli ha insegnato una visione misterica e sacramentale, su base patristica. Ma ecco che a questo modello si va sostituendo quello sociologico-giuridico, con la Chiesa considerata alla stregua di un impero. E’ il modello della sacra potestas chiamata a reggere le sorti del mondo. Antonio non rifiuta l’idea di istituzione, ma indica le priorità. L’istituzione ha ragione di esistere se è espressione di una robusta spiritualità, la scelta deve essere quella della fraternità, del servizio e della povertà, contro la tentazione del potere e della ricchezza. La forza della Chiesa è la croce, e gli uomini di fede tradiscono il mandato evangelico quando si servono di strutture politiche e militari per diffondere la fede e contrastare le eresie. Leggi tutto »