“Roma hai riunito popoli diversi in una sola patria”. A cantare queste parole nel De reditu su, fu un certo Claudio Rutilio Namaziano, per esaltare la grandezza dell’Urbe come unica patria di genti di ogni terra. Roma, d’altronde, aveva dovuto confrontarsi, nella complessità geopolitica di 2000 anni fa, con realtà etniche, culturali e politiche assai diverse tra loro. Un’accolita, dunque di identità e di alterità da integrare che l’Impero, a modo suo, aveva assimilato grazie agli strumenti giuridici di cui si era dotato nel tempo, ma possiamo identificare l’Impero Romano come un esempio vincente d’integrazione dei popoli? Se da una parte è vero che la cosiddetta “Pax Romana” era impositiva e di matrice militare, di fatto essa realizzò un’assimilazione dei barbari (“stranieri”) che si estese gradualmente, arrivando ad accettare che al trono imperiale salissero personaggi provenienti da quasi tutte le province dell’Impero. Leggi tutto »
Informare per integrare
di G. Albanese – “Roma hai riunito popoli diversi in una sola patria”. A cantare queste parole nel De reditu su, fu un certo Claudio Rutilio Namaziano, per esaltare la grandezza dell’Urbe come unica patria di genti di ogni terra. Roma, d’altronde, aveva dovuto confrontarsi, nella complessità geopolitica di 2000 anni fa, con realtà etniche, culturali e politiche assai diverse tra loro. Un’accolita, dunque di identità e di alterità da integrare che l’Impero, a modo suo, aveva assimilato grazie agli strumenti giuridici di cui si era dotato nel tempo, ma possiamo identificare l’Impero Romano come un esempio vincente d’integrazione dei popoli? Se da una parte è vero che la cosiddetta “Pax Romana” era impositiva e di matrice militare, di fatto essa realizzò un’assimilazione dei barbari (“stranieri”) che si estese gradualmente, arrivando ad accettare che al trono imperiale salissero personaggi provenienti da quasi tutte le province dell’Impero. Leggi tutto »
Per la custodia del creato, I* settembre 2018: coltivare l’alleanza con la terra
«Finché durerà la terra, seme e mèsse, freddo e caldo, estate e inverno, giorno e notte, non cesseranno» (Gen. 8, 22). Con queste parole la Scrittura indica nell’alternanza dei tempi e delle stagioni un segno di quella stabilità del reale, che è garantita dalla fedeltà di Dio. Il successivo capitolo di Genesi simboleggerà tale realtà con l’arcobaleno: «Dio disse: ‘Questo è il segno dell’alleanza, che io pongo tra me e voi e ogni essere vivente che è con voi, per tutte le generazioni future’» (Gen. 9, 12). L’arco nel cielo richiama il dono della terra come spazio abitabile: Dio promette un futuro in cui l’umanità e gli altri viventi possano fiorire nella pace.
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La pena di morte inammissibile, il “grazie” a Francesco (G. Gambassi)
La “riforma” del Catechismo con cui si dichiara “inammissibile” la pena di morte è “una scelta che aiuterà nella battaglia per la vita, a partire dalla difesa di quella più debole”. Ne è convinto Mario Marazziti, già portavoce della Comunità di Sant’Egidio, che definisce la decisione di papa Francesco “un passo decisivo che incoraggerà in modo formidabile l’impegno a favore dei diritti umani”. Leggi tutto »
Dio è anche madre (G. Ravasi)
Il tedesco Heinrich Boll, nobel della letteratura 1972, aveva scritto nel 1901 una Lettera a un giovane cattolico per criticare “i messaggeri del cristianesimo di ogni provenienza”, perché avevano dimenticato nella loro comunicazione della fede la virtù della tenerezza, così da non riuscire a “mettere fuori causa il suo grande antagonista, la mera legislazione ecclesiastica”. Ferma restando la necessità della giustizia e del dovere, è certo che una religione fondata solo sull’obbligo e sul precetto risulta monca e, alla fine, disumana. La Bibbia, al riguardo, per esprimere questo sentimento, così come la misericordia, ricorre nell’Antico Testamento al vocabolo rahamim che designa le viscere materne e paterne, similmente nel Nuovo Testamento si usa il verbo splanchnizomai che indica l’emozione viscerale di fronte al dolore del prossimo: questa, ad esempio, è la reazione di appassionata tenerezza che Gesù prova durante il funerale del figlio della vedova di Nain (Luca 7,13).
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