Corrado Pizziolo, Vescovo di Vittorio Veneto – (II^ parte)

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Ott 132018
 

 

vescovo-pizzioloA tutti gli Adulti ed Educatori che si prendono cura della fede dei giovani nella chiesa locale della Diocesi di Vittorio Veneto

1) – ASCOLTARE

E’ il primo passo, quello di mettersi in ascolto, come comunità cristiane, dei desideri e dei sogni/profezia che portano nel cuore per la nostra società del futuro e per le nostre comunità in particolare. Rendiamoci disponibili anche a farci scuotere e convertire da questo ascolto soprattutto nel momento in cui alcune loro intuizioni/provocazioni possono “muovere in avanti” e rivitalizzare le nostre comunità. “La fede nasce dall’ascolto, e un primo ascolto avviene sempre in quell’ambiente vitale che è la famiglia, che è la comunità parrocchiale”. (Vescovo Corrado).
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Corrado Pizziolo, Vescovo di Vittorio Veneto (I^ parte)

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Ott 062018
 

vescovo-pizzioloA tutti gli Adulti ed Educatori che si prendono cura della fede dei giovani nella chiesa locale della Diocesi di Vittorio Veneto

Il Consiglio Pastorale Diocesano (CPD) ha vissuto quest’anno un percorso di riflessione, di ascolto e confronto sul tema dell’accompagnamento dei giovani da parte delle nostre comunità cristiane e in modo particolare da parte degli adulti. Siamo tutti consapevoli e avvertiamo la preoccupazione perché in molte delle nostre comunità i giovani sono “un pezzo di Chiesa che manca”.Dal percorso fatto sono emersi alcuni suggerimenti e considerazioni che il CPD desidera condividere con le comunità parrocchiali per un accompagnamento nella Fede e una cura rinnovata dei giovani.

I destinatari di questi pochi punti sono gli adulti gli educatori (animatori, operatori pastorali, genitori) che si spendono dentro le relazioni e le attività delle nostre parrocchie affinchè i giovani possano essere accompagnati nel loro cammino di fede. Leggi tutto »

La soglia della casa (P. E. Ronchi)

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Set 292018
 

casa-accoglienzaApriamo il Vangelo e siamo immersi in un racconto di cammini, di strade, di sentieri. Ci sono deserti e città, campi, alberi, viti , fiume e lago e poi, soprattutto, le case. Per quaranta volte è riferita la presenza di Gesù in una casa, in racconti molto sobri, dove tuttavia è facile innamorarsi dei dettagli: il tetto, il pavimento, la soglia tra il dentro e il fuori, e la porta, che Gesù sceglie come auto definizione: io sono la porta. Sono il passaggio, la soglia per entrare in una dimora nuova, la strada per una meta sicura dove tutto è illuminato: “Io sono la porta, se uno entra attraverso di me, sarà salvato”; non troverà però un nido dove fermarsi ma sarà spinto a libertà: “entrerà e uscirà”, Gesù non inventa recinti, apre orizzonti, e una promessa di fame saziata: “e troverà pascolo”. Con le parole di un poeta guardiamo la triplice profezia di salvezza, di libertà e di pane inscritta nell’immagine della porta: “Amo le porte aperte, quelle che fanno entrare notti e tempeste, polline e spighe. Amo le porte aperte, reti squarciate, buchi nella pietra, nella seta, nella chiesa, che aprono su spazi da esplorare. Leggi tutto »

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Set 292018
 

“Roma hai riunito popoli diversi in una sola patria”. A cantare queste parole nel De reditu su, fu un certo Claudio Rutilio Namaziano, per esaltare la grandezza dell’Urbe come unica patria di genti di ogni terra. Roma, d’altronde, aveva dovuto confrontarsi, nella complessità geopolitica di 2000 anni fa, con realtà etniche, culturali e politiche assai diverse tra loro. Un’accolita, dunque di identità e di alterità da integrare che l’Impero, a modo suo, aveva assimilato grazie agli strumenti giuridici di cui si era dotato nel tempo, ma possiamo identificare l’Impero Romano come un esempio vincente d’integrazione dei popoli? Se da una parte è vero che la cosiddetta “Pax Romana” era impositiva e di matrice militare, di fatto essa realizzò un’assimilazione dei barbari (“stranieri”) che si estese gradualmente, arrivando ad accettare che al trono imperiale salissero personaggi provenienti da quasi tutte le province dell’Impero.   Leggi tutto »

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Set 222018
 

“Roma hai riunito popoli diversi in una sola patria”. A cantare queste parole nel De reditu su, fu un certo Claudio Rutilio Namaziano, per esaltare la grandezza dell’Urbe come unica patria di genti di ogni terra. Roma, d’altronde, aveva dovuto confrontarsi, nella complessità geopolitica di 2000 anni fa, con realtà etniche, culturali e politiche assai diverse tra loro. Un’accolita, dunque di identità e di alterità da integrare che l’Impero, a modo suo, aveva assimilato grazie agli strumenti giuridici di cui si era dotato nel tempo, ma possiamo identificare l’Impero Romano come un esempio vincente d’integrazione dei popoli? Se da una parte è vero che la cosiddetta “Pax Romana” era impositiva e di matrice militare, di fatto essa realizzò un’assimilazione dei barbari (“stranieri”) che si estese gradualmente, arrivando ad accettare che al trono imperiale salissero personaggi provenienti da quasi tutte le province dell’Impero.   Leggi tutto »