Caro Direttore,
il “fronte delle foreste” è all’attenzione di tutti per il movimento giovanile dei Fridays For Future, per il grande vertice che si è tenuto all’Onu e per il Sinodo per l’amazzonia riunito da papa Francesco. In poco tempo, si sono susseguite notizie allarmanti su incendi di vaste proporzioni che hanno interessato le aree forestali più importanti della Terra: Canarie, Siberia, Amazzonia, Indonesia, Angola e Congo, e infine, se non bastasse, la notizia che il presidente degli Stati Uniti d’America vuole autorizzare la “valorizzazione” di una grande foresta nel sud-est dell’Alaska. E’ difficile dire se dietro questi fatti ci sia una tradizione locale di “fuochi controllati”, oppure se sia una prova muscolare del sovranismo contro il globalismo ambientalista, se non pura dabbenaggine di politici inesperti o semplice malaffare. Certo è che quanto sta accadendo è inaccettabile per le società occidentali, stimolate dalla continua informazione e sensibilizzazione sugli effetti dei cambiamenti climatici e sull’importante funzione delle foreste nel ciclo del carbonio, dell’acqua, nella conservazione della biodiversità e via dicendo. Piaccia o non piaccia, le moderne società occidentali, inurbate, scandiscono i valori delle foreste secondo questa gradualità decrescente: ambiente, turismo e ricreazione, paesaggio, produzione di beni diretti (legno, funghi, frutti, ecc.). La comunità scientifica, a partire dal celebre saggio di R. Carson “Primavera Silenziosa” alla fine degli anni 60 del Novecento, ha lanciato l’allarme sulla crisi ambientale. La Chiesa cattolica non è stata da meno: le prime prese di posizione delle Conferenze episcopali sono degli anni ‘70. Leggi tutto »