Caro direttore, chi legge penserà subito alla culla di legno e paglia che ha accolto il Bambino Gesù, ma la mangiatoia di Betlemme di cui le scrivo – la Crèche è il nome originale – in realtà è un luogo luminoso e accogliente dove trovano casa i bambini palestinesi abbandonati, a volte picchiati, a volte persino violentati. Sono una quarantina attualmente, da 0 a 6 anni, qualcuno trovato davanti al portone, lasciato da mamme disperate (rischiano la morte se scoperte incinte senza marito), a volte da nonne che avrebbero dovuto custodire la verginità delle giovani mamme e quindi anch’esse a rischio della vita, qualcuno arriva dopo essere stato conteso dai cani randagi, spesso dalla polizia stessa. Assieme ad altrettanti piccoli musulmani che arrivano al mattino per frequentare l’asilo gratuito delle suore di San Vincenzo, possono beneficiare di percorsi pedagogici e terapeutici d’avanguardia, curati con amore dalle 70 persone (suore, bambinaie volontarie, pediatri, docenti di musica e arte) che dedicano l’intera giornata a loro. Le risa e il rumore dei piccoli passi accolgono il visitatore che decide di allargare la visita dal Bambino, scampato a Erode, la cui prima culla dista poche centinaia di metri dalla moderna mangiatoia, ai bambini vittime degli erode di oggi. E non si può non sentire tutto il peso della loro piccola vita, perchè, a differenza di tantissimi altri Paesi (ricordiamo l’ultimo visitato, il Nepal), qui i piccoli non saranno mai adottati e continueranno a vivere senza identità, anzi dovranno lasciare la casa che li ha accolti per passare ad un istituto governativo al compimento del settimo anno. L’adozione infatti come la concepiamo in Italia non è permessa nell’islam e neppure la registrazione della nascita se non da parte del padre del bambino. Le suore, che in cento anni di attività hanno tentato ogni strada per sciogliere questo nodo di sofferenza, concentrano tutto l’amore e la cura possibile in questi pochi anni e raccontano come i bambini stessi traggano la forza per continuare: “Il bambino stesso ci insegna a vivere il momento presente con intensità, è lui stesso una sorgente di zelo e perseveranza per noi a lottare per lui”. Dal 1884, dal 1985 con un ospedale, poco dopo con la Crèche, in risposta all’appello dell’allora vescovo di Betlemme e in seguito del governo palestinese, le Figlie della Carità di San Vincenzo de’ Paoli sono al servizio dei più poveri della regione, vivendo solo di Provvidenza; suor Maria lo testimonia con ferma dolcezza.
Di A. Diegoli