In silenzio, a piedi, a capo chino. Così Francesco, entra nel campo di sterminio di Auschwitz, per i polacchi Oswiecim. Qui, dove nel 2006 il papa tedesco, Joseph Ratzinger, sotto il peso delle colpe del suo popolo, si pose quelle domande terribili (“Dov’era Dio in quei giorni? Perchè, Signore, hai taciuto? Perchè hai potuto tollerare tutto questo?”) Francesco sceglie invece la preghiera silenziosa. E in silenzio resterà per tutto il tempo della visita nei lager. Un silenzio assoluto, ma che ha parlato e si è fatto sentire. Perchè in certi casi soltanto la voce del silenzio esprime il rispetto dovuto a chi ha tanto sofferto, tutto l’orrore per la brutalità raggiunta dall’uomo, tutto l’amore che non vuole, non può, non deve lasciarsi vincere dal male. Il Papa rimane così seduto accanto a un albero, su una panchina di fronte alle baracche in cui erano stipati i prigionieri, con le mani giunte in grembo. Per spostarsi all’interno del campo usa una vetturetta elettrica. Si avvicina a un patibolo in ferro, dove venivano impiccati i prigionieri, e ne bacia uno dei pali. Incontra undici anziani sopravvissuti e scambia qualche parola con ognuno di loro. Gli consegnano un cero e con quello il Papa accende una fiamma. Leggi tutto »
BELLEZZA, VERA MISERICORDIA
Città del Vaticano, 26 marzo 2015. “Benvenuti. Questa è la casa di tutti, è casa vostra”. Sono passate da poco le cinque del pomeriggio quando papa Francesco, a sorpresa, si affaccia sulla soglia della Sistina ad accogliere i suoi ospiti. Dalla parete in fondo, il Cristo di Michelangelo leva il braccio a separare i salvati dai dannati ed è la prima volta che lo vedono.
I centocinquanta clochard che vivono intorno a San Pietro hanno lo sguardo che brilla di stupore, alzano gli occhi e vedono la Creazione di Adamo. Si voltano dall’altra parte ed ecco il Pontefice che sorride, si avvicina per salutarli uno a uno. “Per favore, pregate per me. Ho bisogno della preghiera di persone come voi”. Papa Francesco ha fatto recapitare ai senzatetto un invito perché potessero entrare, da soli come ospiti privilegiati, con i capolavori di Michelangelo esclusivamente per loro.
Il piacere di credere
Papa Francesco nell’ “Evangelii Gaudium” mette in evidenza il piacere spirituale di essere popolo di Dio. La fede è anche un’offerta di benessere e di armonia, un accrescimento del gusto di vivere.
C’è un piacere del credere (beati quelli che crederanno) e del credere insieme; c’è un piacere nel seguire Cristo, non solo rinuncia, sacrificio o mortificazione. Questa parola “piacere” suona inusuale nel linguaggio ecclesiastico; per secoli abbiamo sospettato del piacere, pensando che Dio non fosse amico della gioia, ma del sacrificio. sgombriamo l’idea che il Vangelo sia contro il piacere. il piacere è una porta per la felicità. un dono di Dio. tutti i piaceri sono benedetti, tranne una piccola fetta, che fa male e che preclude la strada per la felicità. e per capire di quali piaceri si tratta, il criterio discriminante è semplice: fa male quella fetta di piaceri che sono senza amore o che vanno contro l’amore (droga, alcolismo, sesso a pagamento, affermazione di sè).
E tu lo senti nel cuore quando in un comportamento manca l’amore. allora il piacere appassisce in fretta, perchè “dura ciò che vale e vale ciò che dura” (Michele Do). A quando una “teologia del piacere”?. Un verso provocatorio di David Turoldo dice: “il corpo cattedrale dell’amore / e i sensi divine tastiere”. I sensi, musica di Dio, quasi uno strumento musicale suonato da un pianista divino, mentre spesso avevo immaginato il diavolo seduto alla tastiera dei miei sensi. Leggi tutto »
Il CHICCO DELLA MISERICORDIA
Papa Francesco
UDIENZA GENERALE Mercoledì, 11 maggio 2016
Il Padre Misericordioso (Lc 15,11-32)
Cari fratelli e sorelle, buongiorno! Vogliamo riflettere oggi sulla parabola del Padre misericordioso. Essa parla di un padre e dei suoi due figli, e ci fa conoscere la misericordia infinita di Dio.
Partiamo dalla fine, cioè dalla gioia del cuore del Padre, che dice: «Facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato» (vv. 23-24). Con queste parole il padre ha interrotto il figlio minore nel momento in cui stava confessando la sua colpa: «Non sono più degno di essere chiamato tuo figlio…» (v. 19).