La parabola narrata nel Vangelo mostra quale caratteristica possa avere la preghiera cristiana: la perseveranza, che si fa espressione della fiducia. La convinzione che “Dio farà giustizia” può diventare il respiro della nostra vita quotidiana: nel senso che egli può guidarci a ciò che è giusto per noi, riempiendo di significato e di coraggio tutti i momenti e tutti i vissuti. Le braccia tese verso il Padre sono immagine del nostro atteggiamento filiale: così nella prima lettura è raffigurato Mosè, che intercede per il suo popolo con le braccia alzate verso Dio. In modo analogo, il contesto ecclesiale nel quale acquista pienezza di significato il pregare viene indicato nella seconda lettura, che esorta a restare saldi nella fede e nella testimonianza, nutrite dalla conoscenza di Cristo.
Il brano del vangelo rimane in sospeso, con un interrogativo che aspetta una risposta: “quando il Figlio dell’uomo (che è Gesù stesso, giudice alla fine dei tempi) verrà, troverà ancora fede sulla terra?”.