XXIX^ domenica del tempo ordinario

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Ott 152016
 

donmarioalbertiniLa parabola narrata nel Vangelo mostra quale caratteristica possa avere la preghiera cristiana: la perseveranza, che si fa espressione della fiducia. La convinzione che “Dio farà giustizia” può diventare il respiro della nostra vita quotidiana: nel senso che egli può guidarci a ciò che è giusto per noi, riempiendo di significato e di coraggio tutti i momenti e tutti i vissuti. Le braccia tese verso il Padre sono immagine del nostro atteggiamento filiale: così nella prima lettura è raffigurato Mosè, che intercede per il suo popolo con le braccia alzate verso Dio. In modo analogo, il contesto ecclesiale nel quale acquista pienezza di significato il pregare viene indicato nella seconda lettura, che esorta a restare saldi nella fede e nella testimonianza, nutrite dalla conoscenza di Cristo.

Il brano del vangelo rimane in sospeso, con un interrogativo che aspetta una risposta: “quando il Figlio dell’uomo (che è Gesù stesso, giudice alla fine dei tempi) verrà, troverà ancora fede sulla terra?”.

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XXVIII^ domenica del tempo ordinario

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Ott 082016
 

donmarioalbertiniRaccontando la guarigione dei lebbrosi ad opera di Gesù, il Vangelo richiama la nostra attenzione sulla gratitudine di uno solo, e per di più straniero, un samaritano. Il suo grazie a Gesù nasce in primo luogo da una fede vera, che si esprime nella lode a Dio e nel riconoscere in Gesù il suo amore salvante. Gesù stesso gli conferma: «Alzati e va’; la tua fede ti ha salvato». Questa gratitudine è dunque l’atteggiamento fondamentale della persona credente, che scopre come la salvezza non sia conquista, ma grazia. La storia di Naaman, nella prima lettura, testimonia questo stesso atteggiamento di riconoscenza nei confronti di Dio: «Ora so che non c’è Dio su tutta la terra se non in Israele!» Qui motivo di gratitudine è la fedeltà di Dio. La stessa convinzione esprime Paolo nella seconda lettura: «Se noi manchiamo di fede, egli però rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso».

‘Tornare’, ritornare, è un verbo che nel vangelo ha un significato che va oltre a quello che si coglie direttamente. Indica un ritorno fisico, ma anche un ritorno interiore. Ad es. nella parabola del figlio prodigo, il ritorno alla casa del Padre significa il suo ritorno all’amore del Padre.

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XXVII^ Domenica del tempo ordinario

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Ott 012016
 

donmarioalbertiniRiscoprirci ogni giorno come servi inutili, secondo l’esortazione del Vangelo di oggi, è la condizione per vivere autenticamente la propria fede, riconoscendo che la salvezza non è una nostra conquista, ma solo grazia di Dio. La fede vera richiede dunque l’umiltà del cuore, la rinuncia all’orgoglio dell’autosufficienza, un rischio con cui i cristiani devono oggi sempre fare i conti. Credere è affidarsi a Dio. Lo vediamo nella prima lettura: Dio sembra assente dalla storia, soprattutto quando ci troviamo di fronte al dilagare dell’oppressione e dell’ingiustizia. E tuttavia per il credente è proprio la sua fiducia in Dio che può diventare via e criterio per comprendere l’enigma della storia umana. Nel combattimento della fede, così ascoltiamo nella seconda lettura, non siamo soli: Dio non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di amore e di saggezza. Occorre perciò ravvivare sempre il dono di Dio che è in noi.

Ma siamo proprio inutili? No, Dio ha bisogno di noi, ha voluto aver bisogno di noi affidandoci il compito di gestire bene e con responsabilità le nostre attività e i rapporti vicendevoli. Servi inutili: la frase suona dura, ma esprime questo dato di fatto: di fronte a Dio non abbiamo diritti da rivendicare, perché tutto proviene dalla sua bontà, anche quel poco di bene che riusciamo a fare. In parole povere: non devo dire: sono stato bravo e buono, quindi tu, o Dio, mi devi ricompensare – ma dire: mi impegno a essere bravo e buono perché tu mi vuoi bene, e desidero che tu mi voglia sempre bene….

Quindi metterci non sul piano della rivendicazione di diritti, ma in quello della gratuità, che è il piano dell’amore e della fiducia. Leggi tutto »

XXVI^ Domenica del tempo ordinario

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Set 242016
 

donmarioalbertiniLa parabola del ricco “epulone” narrata dal Vangelo non può legittimare atteggiamenti fatalistici o strutture economiche consolidate in cui i ricchi diventano sempre più ricchi a danno dei poveri resi sempre più poveri. Questa legittimazione sarebbe una caricatura del vangelo: qui un ricco egoista, intento a godersi i piaceri della vita, non riesce a vedere le sofferenze di chi giace alla sua porta. Gesù denuncia tale cecità e la chiusura a cui la ricchezza fatta idolo può portare. Allo stesso modo l’“orgia dei dissoluti”, di cui parla la prima lettura, rivela la non disponibilità ad accogliere la parola di Dio come criterio del vivere e porta in sé il giudizio di condanna: non c’è insulto maggiore alla condizione dei poveri del lusso sfrenato esibito dai ricchi. A sua volta Paolo, nella seconda lettura, oppone all’ideale di vita dei falsi cristiani il modello del vero discepolo di Cristo, esempio di quella fede di cui ha fatto professione e nella quale persevera anche in mezzo alle difficoltà.

Allora “c’era un ricco e c’era un povero”, ma oggi “ci sono tanti ricchi (e dobbiamo sentirci così anche noi!), che non si accorgono dei tanti poveri sempre più poveri che stanno alla porta.”

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XXV^ Domenica del tempo ordinario

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Set 172016
 

donmarioalbertiniNel Vangelo la parabola dell’amministratore disonesto ci pone davanti all’esigenza radicale del regno di Dio annunciato da Gesù: sottrarsi alla schiavitù dei beni terreni, in particolare alla schiavitù del denaro, per creare una comunità di fratelli, in cui si riconosca l’uguaglianza in dignità e si pratichi la giustizia soprattutto verso i più deboli. Questa è la via evangelica per sconfiggere la mercificazione del “povero”, contro la quale si pronuncia con forza la prima lettura: Dio stesso, grida il profeta Amos, prende le difese dei poveri e non potrà dimenticare le opere di coloro che li calpestano. Tra le raccomandazioni che Paolo affida al discepolo Timoteo nella seconda lettura c’è quella della preghiera pubblica per tutti, senza esclusivismi: Dio, infatti, vuole che tutti siano salvati e giungano alla conoscenza della verità.

Le tangenti non sono un’invenzione del nostro tempo. Probabilmente quello riferito da Gesù sotto forma di parabola era uno dei tanti fatti di cronaca, di allora e di oggi, una storia di imbrogli che, scoperta, porta al licenziamento in tronco dell’imbroglione, il quale per mettersi al sicuro ricorre alle tangenti.

Sì, storia di quel tempo, ne parla anche il profeta nella prima lettura, e storia del nostro tempo. Leggi tutto »