XXIV^ domenica del tempo ordinario

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Set 152018
 

donmarioalbertiniLa croce è messaggio di speranza. La fede in Dio non ci toglie le difficoltà della vita, ma ci sorregge nell’affrontarle. La vita di Gesù è stata segnata dalla croce, dalla quale però è scaturita an- che la nostra speranza di salvezza.

Commento di don Mario Albertini

“Voi, chi dite che io sia?” voi, proprio voi, noi, noi che siamo qui. Chi è, per noi, Gesù?
Forse la nostra prima risposta è portata ad esprimere un’opinione di carattere generico: è un grande personaggio, è un maestro incomparabile, è un martire vittima dell’invidia e dell’ingiustizia, eccetera eccetera.

Ma dando risposte di questo tipo (come erano quelle della gente di allora, quando lo indicavano come un profeta redivivo) non rispondiamo alla domanda di Gesù, il cui senso è: per voi, per noi, per me: cosa è Gesù? Egli si aspetta un atto di sincerità, di verità, si aspetta che gli dica quanto lui, Gesù, conta nella mia vita; che io verifichi nella mia coscienza se coltivo un’autentica relazione personale con lui; che io non mi limiti a pensarlo al passato come un personaggio storico vissuto duemila anni fa, ma che veda se è qualcosa per me oggi e per il futuro. Devo dare la mia risposta, nessuno può darla per me.

Quella volta Pietro diede la risposta giusta: “Tu sei il Cristo”, cioè il messia che tutti aspettano, l’inviato di Dio per la nostra salvezza, la comunicazione dell’amore di Dio. Eppure poco dopo si meritò un duro rimprovero da parte di Gesù: “Va’ dietro a me, Satana”. Perché? perché è vero che lo aveva riconosciuto come il messia, ma per il futuro lui, Pietro, aveva dei progetti diversi da quelli di Gesù, il quale aveva preannunciato una condanna, una morte violenta, e una misteriosa resurrezione. E Gesù gli dice: non rifarti alle tue idee e ai tuoi progetti, ma devi seguire me: la mia strada è quella della croce, e questa è la strada anche dei miei discepoli. Quindi anche la nostra strada.

Leggendo il Vangelo possiamo seguire Gesù per le strade della Galilea e della Giudea, e dalla sua parola e dai suoi gesti imparare ad essere suoi discepoli. Infatti le parole e le azioni di Gesù sono sempre attuali, perché Gesù vive adesso con noi e parla adesso per noi, a noi.

Ma oltre che seguirlo per le strade della Palestina, dobbiamo percorrere con lui anche il cammino della croce.

La croce per noi non sarà il martirio, ma consiste nel “vivere secondo la parola di Gesù e il suo esempio” (colletta della Messa) con coerenza e fedeltà. E’ una cosa molto bella, ma anche impegnativa, che può richiedere rinunce ed esige che accettiamo prove e sofferenze, fisiche e morali. E’ così che Gesù diventa il nostro riferimento esistenziale per oggi e per il futuro.

 

XXIII^ domenica del tempo ordinario

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Set 082018
 

donmarioalbertiniIl vangelo racconta la guarigione di un sordomuto: l’incontro con Gesù è descritto nella sua vitale concretezza di gesti fisici, come «imporgli la mano», «porre le dita negli orecchi», «toccare con la saliva la lingua». Sono gesti di liberazione, che generano una meravigliosa “apertura” di colui che viene guarito e lo rendono pieno di gioia e capace di lode.

Commento di don Mario Albertini

Di fronte al miracolo compiuto da Gesù, spontanea è l’esclamazione della gente: “Ha fatto bene ogni cosa!”.  Questa esclamazione mi ha fatto ricordare che a conclusione del racconto della creazione la Bibbia dice: “Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco era cosa molto buona” (Gen 1,31).

Possiamo mettere vicine le due frasi, e farle nostre in un atto di fede nella divinità di Gesù: chi compie le guarigioni di cui parla il vangelo, è lo stesso che ha creato l’universo.

Ripensiamo alla guarigione del sordomuto: è raccontata con molti particolari, e l’evangelista sembra quasi voler richiamare l’attenzione, sì sul risultato miracoloso, ma anche sui gesti compiuti da Gesù: gli tocca gli orecchi e le labbra, sospira guardando il cielo, cioè prega, e infine ordina: “Apriti!”.

Questo miracolo è un simbolo di quello che Gesù ha compiuto anche in noi. Quando abbiamo ricevuto il Battesimo, il sacerdote ha ripetuto su di noi proprio i gesti di Gesù: ha toccato le nostre orecchie e le nostre labbra, ha detto la parola “effatà” cioè apriti, e poi ha detto questa preghiera breve come un sospiro: “Il Signore Gesù, che fece udire i sordi e parlare i muti, ti conceda di ascoltare la sua parola e di professare la tua fede”.

Sì. il Battesimo ci ha dato la capacità di dialogare con Dio, ascoltarlo e parlargli.

Ma questa capacità di dialogare con il Signore noi la esercitiamo, o siamo ridiventati sordomuti nei suoi confronti? Sappiamo che ci sono gli analfabeti di ritorno, quelli cioè che hanno imparato da piccoli a leggere e a scrivere ma poi, per mancanza di esercizio, l’hanno dimenticato. Ebbene, ci possono essere anche i sordomuti di ritorno, in senso spirituale. Forse lo siamo pure noi, un po’ sordi e un po’ muti, anche se – speriamo! – soltanto un po’. E’ così se non usiamo l’udito interiore per ascoltare Dio, se non adoperiamo la voce interiore per lodarlo con fede per noi e per ogni creatura.

Voce interiore, che però sa anche esprimersi all’esterno, nella preghiera comunitaria, perché nelle nostre assemblee non dobbiamo essere dei presenti passivi, che sembrano vergognarsi anche di dire “amen!”, di unire la propria voce a quella degli altri nel ringraziare il Signore. In quella guarigione Gesù disse: “Apriti!”; questo comando raggiunge anche il nostro cuore, che troppo spesso chiudiamo ripiegandoci su noi stessi invece di spalancarlo a Dio e ai fratelli.

Se è vero, ed è vero, che pure verso di noi Dio ha fatto e continua a fare bene tutte le cose, vogliamo rispondere facendo anche noi un po’ di bene attorno a noi.

 

XXII^ domenica del tempo ordinario

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Set 012018
 

donmarioalbertiniMettere in pratica la Parola. I comandamenti del Signore non rappresentano una prigione, sono invece vie di libertà e promessa di felicità. Sono la sua Parola, con cui ha siglato la sua alleanza con noi.

Commento di don Mario Albertini

“L’amore che hai dentro di te costituisce il valore della tua persona”. Questo è il breve ma centrato commento di sant’Agostino alle parole di Gesù.  Il Signore, in risposta alle critiche che i farisei gli rivolgevano, li rimprovera di ipocrisia: voi – dice – riducete il culto a Dio a gesti esteriori, ma trascurate i suoi comandamenti; lo onorate con le labbra, non con il cuore. Leggi tutto »

XXI^ domenica ordinaria

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Ago 252018
 

donmarioalbertiniServire il Signore. Si tratta di un libero servizio nell’amore e non nella obbligata sottomissione di una schiavitù: noi lo riconosciamo come “il nostro Dio”, origine e fine ultimo del nostro cammino umano.

Commento di don Mario Albertini

Due domande impegnative, che si ripropongono di continuo lungo la storia, sono poste anche a noi dalla parola di Dio ascoltata in questa Messa.  Una domanda l’abbiamo sentito nella prima lettura: vi dispiace di servire il Signore? – allora “scegliete quali altri dei volete adorare”.  E nel vangelo l’altra domanda: “volete andarvene anche voi?” Può essere che diamo per scontato che non cerchiamo altri dei, eppure siamo tentati da vari idoli, e forse ci rivolgiamo a qualcuno di loro.
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XX^ domenica del tempo ordinario

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Ago 182018
 

Fotosearch_k0796399Il pane disceso dal cielo. Fare nostro il pane disceso dal cielo: il banchetto-simbolo dell’eucaristia introduce il cristiano nella comunione con Dio, una comunione reale che diventa garanzia di vita piena di senso e di speranza, poiché posta nell’orizzonte della risurrezione per la vita eterna.

Commento di don Mario Albertini

“Abbandonate la stoltezza e vivrete, andate diritti per la via dell’intelligenza” è detto alla fine della prima lettura; e all’inizio della seconda: “comportatevi non da stolti ma da uomini saggi”. Meritano la nostra attenzione queste esortazioni, anzitutto perché l’invito a usare l’intelligenza non è mai fuori luogo. Noi siamo convinti di essere intelligenti, e più o meno lo siamo tutti, ma non sempre la usiamo questa nostra intelligenza, e spesso ci lasciamo guidare dalla passione, dalla propaganda o da chi grida più forte… E invece bisogna avere il coraggio di usare l’intelligenza, che nel brano che abbiamo ascoltato è messo in rapporto con la vita: “abbandonate la stoltezza e vivrete”.
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